Radicali Italiani
La relazione della Segretaria Rita Bernardini al XIII Congresso
COMUNICATO STAMPA
Il ruolo di Radicali Italiani, il diritto alla conoscenza e la sentenza Torreggiani i temi centrali della relazione
Rita Bernardini, segretario nazionale di Radicali Italiani, nella sua relazione di apertura del 13° Congresso ha affrontato i temi del ruolo di Radicali Italiani come soggetto costitutivo del Partito Radicale Transnazionale, il diritto alla conoscenza e della sentenza Torreggiani.
Rita Bernardini ha aperto la sua relazione con il ricordo di Sergio Stanzani, fondatore del Partito Radicale, e ha proseguito sottolineando il suo impegno da Segretaria teso a ravvivare nei fatti e negli obiettivi i connotati di Radicali Italiani come membro costituente del Partito Radicale Transnazionale.
Sul diritto alla conoscenza sono stati sottolineati i risultati ottenuti dai Radicali e disattesi dalle istituzioni preposte a garantirne il rispetto. La sostanziale esclusione degli esponenti e delle attività dei Radicali dai mezzi di comunicazione di massa perdura, nonostante i numerosi provvedimenti emanati volti a correggere questa violazione, toccando vette inaudite anche durante il Ministero di Emma Bonino.
Centrale la questione carceraria e della sentenza Torreggiani: "Non erano scontati il messaggio di Napolitano alle Camere e la telefonata di incoraggiamento di Papa Francesco a Marco Pannella a questo proposito" dichiara Rita Bernardini, tuttavia i provvedimenti adottati da Governo e Parlamento non hanno portato all'amnistia e all'indulto, fondamentali per creare una situazione accettabile e guadagnare la promozione dell'Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
"Oggi il dato di regime è strutturale - conclude Rita Bernardini - e Renzi, senza troppe colpe ne è il prodotto. Sessant'anni di un sistema di comportamenti reiterati nei confronti del popolo italiano è difficile da mutare, ma possibile con un salto di qualità della nostra lotta politica, nella nostra consapevolezza e intenzionalità, nell'esercizio e nella disciplina di analisi, idee e obiettivi a cui si dà corpo e che abbiano la forza della durata e della durezza delle cose che si fanno, le quali, sono convinta, durano solo se sono dure".
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13° congresso Radicali Italiani: lettera del Presidente Napolitano a Rita Bernardini
In occasione del 13° congresso dei Radicali italiani, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato all’on. Rita Bernardini, Segretario nazionale, una lettera nella quale l’ha ringraziata “del ricordo e dell’apprezzamento” del suo “messaggio alle Camere sulla questione carceraria, da lei richiamato nella nota di convocazione del congresso” e ha aggiunto :
“Sono profondamente convinto che ad ogni cittadino, ed a ciascuno degli attori, individuali e collettivi, della vita politica ed istituzionale del nostro paese, competa, pur nella dialettica delle differenti posizioni, una assunzione di responsabilità per contribuire ad una maggiore coesione nazionale e anche in tal modo alla crescita civile ed economica dell’Italia. Con questo spirito, continuando a nutrire piena fiducia che sarà possibile superare le difficoltà e gli ostacoli che sembrano ancora frapporsi alla conclusione del processo di riforma costituzionale e di altri essenziali processi di cambiamento, invio a lei e a tutti i partecipanti al congresso i più cordiali saluti e un sentito augurio per il pieno successo dei lavori.”© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati
Relazione Bernardini 13° Congresso di Radicali italiani
Relazione Bernardini 13° Congresso di Radicali italiani
Care compagne, cari compagni, voglio in apertura di questa mia relazione ricordare una persona che, per il secondo anno consecutivo, non può essere qui con noi. Sergio Stanzani ci ha lasciati il 17 ottobre dell’anno scorso pochi giorni prima dell’inizio del 12° congresso. Ci mancano, mi mancano, le sue incazzature, il suo intercalare “va bene, va bene”, il suo maglione rosso congressuale, il suo incoraggiamento a proseguire le lotte radicali, i suoi dubbi, ma anche i suoi slanci di generosità umana e intellettuale. La sua durata. Anche quando si vedeva che soffriva ma si ostinava a venire a Torre Argentina e si scusava per essere arrivato troppo tardi dopo una notte insonne. E allora, caro Sergio, mi prendo il coraggio che continui a darmi e a darci e vado avanti affrontando questo primo momento congressuale. Diritto Umano alla conoscenza: il ricorso del Prof Saccucci Il 2 ottobre 2014, per la prima volta nella storia radicale, l’Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella, per il tramite dello studio legale dell’Prof. Avv. Andrea Saccucci, ha presentato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo una denuncia contro lo Stato italiano per l’avvenuta violazione di ben due articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art.6 e art. 10) a seguito del comportamento della Rai, dell’Autorità per le Garanzie nella Comunicazioni e del TAR Lazio, comportamento che ha realizzato nel corso di molti anni una negazione del diritto dei cittadini alla conoscenza completa del dibattito politico ottenuta mediante la pervicace cancellazione delle proposte, delle iniziative e dei soggetti politici radicali. Il ricorso si apre con una vicenda complessa che si riferisce a violazioni certificate dall’Autorità delle Garanzie per le Comunicazioni a danno dei radicali, e per loro tramite, dei cittadini italiani, relative all’anno 2010, includendo una pronuncia del TAR Lazio di oltre tre anni successiva che minacciava persino un commissariamento ad acta dell’Autorità medesima nel caso questa avesse proseguito a violare sentenze emesse dal Tar Lazio stesso, non trascurando l’esclusione di Marco Pannella e di Emma Bonino dalle trasmissioni del servizio pubblico, le oltre cinquanta delibere a proprio favore ottenute in dieci anni dall’Autorità che certificavano la violazione della legge da parte della Rai continuata nel tempo, e l’inefficacia di sentenze e delibere. E’ importante sottolineare come per la prima volta i radicali abbiano realizzato un obiettivo che era già incluso nella mozione generale approvata dal primo Congresso di Radicali Italiani nel 2002, e lo abbiano ottenuto su iniziativa di Marco Beltrandi, con Giuseppe Rossodivita, dialogando con un importantissimo studio legale specializzato in queste cause che non è abitualmente coinvolto nelle vicende legali e politiche dei radicali, e vincendo quindi una iniziale e comprensibile diffidenza. A questo esposto ne seguirà prestissimo un altro avente come soggetto agente Radicali Italiani. Questo a coronamento di un anno che ha visto l’aggravarsi del mancato rispetto di leggi, regolamenti della Vigilanza, Contratti di Servizio e Codice Etico, da parte della Rai, con da una parte una esclusione dei radicali e delle loro iniziative che ha raggiunto punte di intensità inedite, persino durante l’incarico di Ministro degli Esteri svolto da Emma Bonino (flagrante il confronto con lo spazio che Rai ha riservato a Federica Mogherini Rebesani divenuta Ministro degli Esteri da pressoché sconosciuta deputata PD), dall’altra con una clamorosa occupazione per certi aspetti inedita dell’informazione Rai da parte di Renzi e del suo Governo. Naturalmente nel silenzio di opposizioni politiche, osservatori, giornalisti ed intellettuali, Commissione di Vigilanza Rai (malgrado la novità costituita dalla presidenza di un esponente grillino, l’On. Roberto Fico), Agcom, etc. A proposito dell’informazione Rai, poi, è da segnalarsi la pressoché totale scomparsa della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, che è un organo di rilievo costituzionale essendo la sola deputata ad intervenire per indirizzare in modo vincolante l’azienda e dovendo vigilare su di essa, portando così a compimento una tendenza iniziata nella scorsa legislatura ad opera anzitutto dell’allora Presidente (e attuale senatore PD) Sergio Zavoli, di cancellarne finanche la legittimità ad intervenire su una Rai che Renzi vorrebbe formalmente più autonoma dai partiti, ma di fatto al servizio delle medesime oligarchie con ancora meno controlli pubblici. Il tentativo di Marco Beltrandi di far adottare dalla Commissione un quanto mai giustificato atto di indirizzo affinché la Rai non continui nella censura delle massime magistrature del Paese, e persino di Papa Francesco, in tema di carceri amnistia, indulto e mancata riforma della giustizia, è stato sinora senza esito, respinto anzitutto dal Presidente On. Fico che ha scoperto grazie al Centro di Ascolto dell’Informazione dei radicali, ormai chiuso, quanto e come la Rai continui ad operare a favore anche del Movimento 5 stelle in termini di ascolti consentiti. Forse è il tempo di pensare ad un appello di personalità nazionali (ve ne sono?) e internazionali analogo a quello che nel 1976 consentì ai radicali, e per loro tramite ai cittadini italiani, di conquistare il diritto alle tribune politiche, modificando così la stessa composizione del Parlamento italiano. Del ricorso Saccucci ne parleremo il 6 novembre, fra pochi giorni, con autorità ed esponenti politici in una aula del Senato durante un Convegno appositamente organizzato. Radicali Italiani, soggetto costituente del Partito Radicale Per quanto mi riguarda e per limitarmi all’ultimo anno da Segretaria di Radicali Italiani, ho sempre ribadito la volontà di affermare la natura di soggetto costituente del Partito Radicale del nostro Movimento, senza la quale Radicali Italiani non avrebbe motivo di esistere, perché per me il Partito Radicale è il tutto, espressione non della “somma delle parti” ma origine e ragione di un “insieme” che giustifica, alimenta e si alimenta della vita delle parti. Per cui, già nella mia lettera di convocazione di questo congresso, nella proposta di titoli, temi e relatori delle Commissioni e, in questa mia relazione al Congresso, ho cercato di offrire a Radicali Italiani l’opportunità di ri-affermare i suoi connotati di soggetto costituente del Partito Radicale, a partire da quelli transnazionale, transpartitico e nonviolento. E’ una richiesta di supplenza che avanzo a Radicali Italiani perché si assuma responsabilità e faccia fronte a difficoltà, reali o presunte, proprie del Partito Radicale? No, è esattamente il contrario. E’ un appello al Movimento perché ri-viva – nei fatti, nelle idee e negli obiettivi – la sua natura di soggetto costituente e, per ciò stesso, contribuisca alla vita del Partito Radicale, il quale – lo voglio ricordare – anche quando non aveva ancora adottato il simbolo di Gandhi e si presentava alle elezioni in Italia con il simbolo della Rosa nel Pugno, non ha mai connotato la sua politica in termini nazionalistici e partitici: basti pensare alla lotta contro lo sterminio per fame e alla prassi della “doppia tessera”. Alla Ragion di Stato, alla sovranità nazionale, indipendente e assoluta dello Stato, abbiamo opposto la transnazionalità dello Stato di Diritto, democratico, federalista e laico e l’universalità dei Diritti Umani, il primato assoluto della persona. Così come, alla Ragion di Partito, unico ed esclusivo, abbiamo opposto la transpartiticità della doppia e tripla tessera, per affermare innanzitutto il primato e la libertà dell’iscritto, il suo diritto di associarsi senza dover corrispondere al partito null’altro – fedeltà, disciplina o moralità – se non la quota di iscrizione. 115%">Sulla situazione e le prospettive del Partito radicale 35.4pt">Come ci ha ricordato il Tesoriere del Partito Maurizio Turco, allo stato attuale il Partito ha debiti per 450mila euro, una cifra pari a quello che è stato l'intero autofinanziamento del 2014. 35.4pt">Si pone quindi la necessità di una iniziativa straordinaria di autofinanziamento volta a ripianare il debito e convocare il 40° Congresso del Partito radicale nel corso del 2015, a sessant'anni dalla sua fondazione. 35.4pt">Politicamente ci troviamo quindi nella situazione già vissuta nel corso del 2011 quando, dopo nove anni dal congresso di Tirana del 2002, siamo riusciti a convocare il congresso dopo che, nel corso di quell'anno avevamo organizzato due consigli generali preparatori del Congresso. 35.4pt">Rispetto ad allora sul fronte politico il Partito, grazie soprattutto all'impegno di Marco Pannella e Matteo Angioli, ha fatto passi avanti sulla campagna per lo "stato di diritto democratico, federalista, laico contro la ragion di stato e di partito". Iniziativa sulla quale si è tenuto all'inizio di quest'anno a Bruxelles un primo incontro e un secondo è previsto entro marzo finalizzato a definire e promuovere la campagna vera e propria, con obiettivi e scadenze e di cui ci parlerà Matteo Angioli. 35.4pt">Dall'esilio di Saddam, al tentativo di salvarlo dalla pena di morte, garantendogli un giusto processo; dal sostegno alle prime desecretazioni del cosiddetto "Downing Street memo" e di "Wikileaks", alla raccolta di documenti, interviste e testimonianze per mostrare il tradimento di parlamenti (a partire da Westminster) consultabili su iraq.radicali.it; dal supporto all'Inchiesta Chilcot al Convegno di Bruxelles tenuto al Parlamento e alla Commissione europea lo scorso 18 e 19 febbraio. 35.4pt">E' vero: sono passati più di 10 anni dalla campagna "Iraq Libero: unica alternativa alla guerra", che ci ha portato all'iniziativa per il diritto alla conoscenza fino a sfociare nell'iniziativa in corso. Sono stati dieci anni di battaglie che si sono succedute con l'obiettivo di dare centralità e forza al diritto e ai diritti. 35.4pt">E' altrettanto vero che ci sono voluti 12 anni - lo ricordavo prima - perché si realizzasse il primo impegno della mozione del primo congresso di Radicali italiani che impegnava gli organi dirigenti del movimento a presentare e sostenere una denuncia contro lo Stato italiano dinanzi alla Corte Europea dei diritti umani per l’attentato ai diritti civili e politici -e quindi umani- dei cittadini italiani, aggravato in modo particolare in questi ultimi anni, specie con riferimento al diritto fondamentale al “conoscere per deliberare” " 35.4pt">Sono stati davvero pochissimi coloro che oltre all'auspicio di presentare una tale denuncia credessero fosse davvero compatibile con l'ordinamento della Corte europea dei diritti dell'Uomo. Il Diritto umano alla conoscenza, a partire da “Iraq Libero” Nel gennaio 2003 demmo il via all’iniziativa “Iraq Libero: unica alternativa alla guerra” volta a promuovere l’esilio di Saddam Hussein e l’affidamento dell’Iraq a un’amministrazione fiduciaria dell’ONU. Parte dell’iniziativa ebbe come principale promotore la Camera dei Deputati in Italia (con una risoluzione approvata il 19 febbraio 2003) e alcuni parlamentari europei che sostennero un appello radicale che raccolse quasi 30.000 firme. Sappiamo tutti com’è andata: la sordità di Bush e Blair e l’inesistenza di una politica estera davvero europea impedirono che il tentativo di diplomazia aggressiva (ricordiamo che le truppe americane da molte settimane stanziavano ormai sui confini iracheni) andasse a buon fine. Questo avvenne nonostante proprio in seno al mondo arabo, nella Lega Araba in particolare, si fosse aperto uno spiraglio per trovare una soluzione pacifica alla crisi. Successivamente, una importante porzione della nostra attività politica si è concentrata sul Parlamento britannico prima e sull’Inchiesta Chilcot poi. Questo perché da lì iniziavano a trapelare i primi documenti che mostravano/confermavano il reale comportamento di Blair. L’Inchiesta presieduta da Sir John Chilcot è stata creata su pressione popolare nel luglio 2009 dall’allora Primo ministro laburista Gordon Brown e oggi, dopo oltre cinque anni di lavoro e un costo di oltre 7 milioni di sterline, Chilcot non ha ancora potuto consegnare le sue conclusioni. Motivo del ritardo: i documenti riservati scambiati nei mesi prima della guerra tra Bush e Blair e altri in una fase successiva tra Bush e Brown che Chilcot vorrebbe desecretare per allegarli nel suo Rapporto finale. Così facendo, sostiene giustamente Chilcot, i cittadini britannici potranno comprendere a pieno le ragioni delle critiche e delle accuse che investirebbero – e magari investiranno – i principali attori politici del Regno Unito, a cominciare da Tony Blair. Da alcuni mesi è stato trovato un compromesso tra John Chilcot, il Presidente dell’Inchiesta, e Jeremy Heywood il Segretario del Gabinetto del Governo britannico guidato da Cameron. Si tratta dunque di un compromesso tra il Governo e l’Inchiesta su quali documenti e sotto quale forma pubblicare. In questo quadro s’inserisce il lavoro, da noi incoraggiato, di Stephen Plowden e Owen Thomas. Il primo è un cittadino londinese che da quasi quattro anni ha avviato una personale iniziativa, ingaggiata con il Foreign Office (il Ministero degli Esteri britannico). Attraverso il Freedom of Information Act Plowden chiede la pubblicazione di alcuni documenti, in particolare di alcune note, che Bush e Blair si sono scambiati nei mesi precedenti alla guerra. Il secondo è un docente dell’Università dell’Exeter che si è occupato specificamente del lavoro dell’Inchiesta Chilcot. Non è da escludere che, se il Rapporto Chilcot avrà solidità e autorevolezza (ciò dipenderà dai documenti che conterrà), potrebbe trattarsi di un precedente di portata storica mondiale per quanto riguarda i rapporti tra gli Stati e le decisioni politico-militari prese dai governi di Paesi “democratici”. Per questo l’esito di questa vicenda è per noi così cruciale. E’ un passaggio storico delicato. Nel caso dell’Inchiesta Chilot ci troviamo infatti di fronte a una commissione indipendente, di nomina governativa, formata da “privy counsellors” (i consiglieri della Regina), che non può ancora portare a termine il suo compito a causa dell’ostruzionismo del governo succeduto a quello che l’ha nominata, un governo di colore opposto (Cameron), ma che dovrebbe avere tutto l’interesse a esporre i gravi errori commessi dal precedente Primo ministro (Blair). A tal proposito Chilcot denuncia il fatto che mentre gli artefici britannici dell’attacco all’Iraq hanno potuto fornire al popolo la loro versione dei fatti attraverso libri, memorie, saggi e conferenze, l’Inchiesta Chilcot non può, nonostante sia, come già ricordato, di nomina governativa e formata da autorevoli funzionari dello Stato. E’ ovvio che l’esito di questa indagine che noi auspichiamo, rappresenterebbe una conquista importante nella direzione del “diritto alla conoscenza” di ciò che i Governi stabiliscono e compiono in nome dei loro cittadini e che vogliamo affermare innanzitutto all’ONU. In questo senso s’inserisce la nostra attenzione al “diritto alla verità” già riconosciuto dall’ONU in merito a casi individuali di gravi violazioni di diritti umani e per il quale esiste da due anni uno Special Rapporteur dell’ONU per la promozione, la giustizia della verità e il lavoro svolto al Parlamento europeo culminato con la votazione e l’approvazione del Rapporto 2008 sui Diritti Umani nel Mondo, curato da Marco Cappato, in cui si propone tra le altre cose, la nonviolenza come strumento di iniziativa politica dell’UE. Dobbiamo dunque approfondire e promuovere il “diritto alla conoscenza” identificando sostenitori e istituzioni che condividano questa proposta. In un momento in cui in Europa spirano sempre più i venti dell’isolazionismo e del nazionalismo e in cui i diritti individuali sono minacciati da una Ragion di Stato che colpisce sotto forme differenti (in campo politico, economico-finanziario, militare, nell’uso dell’intelligence, nelle politiche sulle droghe, ecc.) crediamo sia necessario parlare di Stato di Diritto federalista e democratico. Il principale sostenitore della creazione del Consiglio d’Europa (fondato nel 1949), Winston Churchill mantenne il diritto all’obiezione di coscienza di fronte alla follia nazista all’alba della battaglia d’Inghilterra, per marcare la fondamentale differenza tra il mondo libero e democratico e quello violento e antidemocratico. Questo è il tempo dello Stato di Diritto e del federalismo e perciò siamo al lavoro per il secondo Convegno di Bruxelles “Stato di Diritto contro Ragion di Stato”. Lavorare per creare le condizioni politiche (e quindi anche economiche) affinché il Congresso del Partito Radicale sia possibile, magari proprio il prossimo anno nel 60° anniversario della sua nascita, significa volere un congresso vero che sia almeno all’altezza di quello in cui eleggemmo Demba Traorè Segretario, e certo allora non potevamo immaginare che di lì a poco egli si sarebbe reso indisponibile. L’esercizio del suo mandato avrebbe significato qualcosa di straordinario per la politica transnazionale, ma anche italiana e dello stesso Mali. Il giorno in cui fu eletto già immaginavo cosa poteva voler dire la sua figura per i migranti, da quelli che tentano per disperazione, fame e guerra l’avventura nel mediterraneo che continua ad inghiottire vite umane a quelli che finiscono nelle patrie galere magari solo perché non hanno un avvocato che li difenda, a quelli che vivono ormai a milioni nelle nostre città. L’intuizione di Marco Pannella, non ha avuto la fortuna che meritava. LA PENA LEGALE – LA GIUSTIZIA GIUSTA La sentenza Torreggiani, per quel che ci riguarda, ha una storia che parte da lontano, da quando, nel 2011 il Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei decise di tentare di ‘inondare’ la Corte EDU con una pioggia di ricorsi di detenuti. L’iniziativa fu veicolata grazie a Radio Radicale, ai siti Radicali e alle visite in carcere, allora possibili con i parlamentari, nel corso delle quali, la Segretaria e gli altri parlamentari indicavano ai detenuti la possibilità, messa a disposizione dagli avvocati volontari del Calamandrei, di presentare ricorsi sulla scorta della sentenza Sulejmanovic. Sono stati centinaia i ricorsi così proposti e patrocinati dagli avvocati radicali, in particolar modo dall’avv. Giuseppe Rossodivita, Segretario del Calamandrei, dall’avv. Gian Domenico Caiazza, Presidente del Calamandrei e dall’avv. Flavia Urciuoli. Nella sentenza Torreggiani, tre di questi ricorsi sono stati riuniti tra loro e sono stati poi riuniti ad altri due differenti ricorsi e proprio grazie all’iniziativa del Calamandrei, unitamente ad iniziative parallele di altre associazioni ben più strutturate e finanziate come ad esempio Antigone, ha consentito alla Corte di rilevare che le condizioni inumane e degradanti in cui erano e sono tenuti i detenuti nelle prigioni italiane, hanno assunto un carattere strutturale. Questa è una iniziativa che è stata radicalmente Radicale, dall’inizio alla fine e che penso meriti di essere ricordata come tale. Un esempio di come il ricorso alle giurisdizioni internazionali, variamente articolato, sia a pieno titolo strumento di lotta politica. La sentenza Torreggiani non ha prodotto l’amnistia e l’indulto da noi richiesto con il Presidente Napolitano, unici provvedimenti strutturalmente in grado di riportare nella legalità l’esecuzione delle pene detentive inflitte o della custodia cautelare in carcere, ma indubbiamente ha determinato un mutamento tanto dell’ordinamento – basti pensare a tutti i provvedimenti che il Governo è stato letteralmente costretto ad adottare per rispondere ai rilievi della Corte – quanto nelle condizioni di vita dei detenuti che certamente per molti aspetti continuano ad essere inumane e degradanti, ma che indubbiamente hanno tratto qualche beneficio dalla diminuzione della popolazione carceraria. E proprio a partire dalla sentenza Torreggiani è stata poi assunta l’iniziativa della diffida, firmata da Marco Pannella e dall’avv. Giuseppe Rossodivita, inviata a 675 destinatari responsabili dell’esecuzione delle pene in Italia, tra magistrati, direttori delle carceri e Dap e poi della denuncia in sede penale. Ovviamente la magistratura inquirente Italiana, per le notizie che abbiamo ad oggi, si è ben guardata dall’indagare i propri colleghi, ma anche questa iniziativa andrà guardata tra qualche tempo, così come, dopo qualche tempo, abbiamo visto i frutti delle denunce a tappeto sulle firme false per la presentazione delle Liste: inizialmente nel 2000 su 81 denunce vi sono state 81 archiviazioni senza indagini, con motivazioni spesso ridicole e che un giorno dovranno essere pure pubblicate integralmente, per dar conto di quanta sia l’ipocrisia che si nasconde dietro il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Anche le motivazioni delle richieste di archiviazione che stanno giungendo su queste denunce si può dire che osano sfidare il ridicolo giuridico, come quella del Procuratore Capo di Campobasso che, dimentico dell’art. 51 cp, si è detto obbligato, nonostante l’art. 3 CEDU, ad eseguire pene anche illegali, difformi dal modello legale, persino tali da integrare eventuali fattispecie di reato come i maltrattamenti, poiché altrimenti dovrebbe rispondere del reato di omissione in atti d’ufficio. O come quella della Procura di L’Aquila, che chiamata ad indagare ex art. 11 cpp sulla situazione delle carceri marchigiane e delle condotte dei magistrati marchigiani, ha svolto indagini solo sulle condizioni del carcere di L’Aquila (su cui dovrebbe indagare la magistratura Barese) dicendo che lì le condizioni del carcere sono buone. O come ancora il Procuratore Capo di Torino, solitamente molto attento alla salute delle persone libere, ma che tanto si disinteressa della salute delle persone ristrette, non ha neppure aperto un fascicolo, rubricando la denuncia, contrariamente a quanto fatto da altri suoi colleghi, come denuncia non contenente notizia di reato. Eppure anche queste iniziative hanno sortito effetti, basti pensare che solo dopo la diffida e secondo le linee indicate in quella diffida, il DAP ha implementato un sistema informatico nazionale in base al quale in tempo reale viene segnalato il superamento dei limiti di capienza da parte dei singoli istituti. Poi, certo, continuano a giocare sui numeri, sui tre metri quadri, facendo finta di non sapere che la sentenza pilota della Corte EDU fa ad essa riferimento solo per definire il limite sotto il quale non occorre approfondire altri parametri trattamentali perché di tortura sicuramente si tratta. Così come, al Dipartimento, continuano a far finta di non sapere che i tre mq “vitali” in cella vanno calcolati sottraendo lo spazio occupato dal mobilio, come ha stabilito la I Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n.5728/2014. Certo c’è ancora tantissimo da fare e da lottare, per l’amnistia e l’indulto, per rendere effettivi i rimedi che il Governo ha varato, ma che la magistratura di sorveglianza con una interpretazione bizantina delle nuove norme introdotte dalla legge 117/ del 2014, suggerita dal CSM e prontamente adottata col ciclostile da molti uffici anche sotto la pressione di alcuni direttori di istituti di pena, ha sostanzialmente azzerato, esponendo ancora una volta l’Italia alle censure Europee. Sul punto dobbiamo ringraziare il Vice-Presidente della Camera Roberto Giachetti (il nostro compagno di lotta, iscritto a pacchetto) che ha depositato, citando le nostre osservazioni, un’interrogazione al Governo, ma certo è che a partire da questa situazione, che corrisponde inevitabilmente ad una tutela non effettiva, cioè distinta e distante da quella voluta dai giudici di Strasburgo, si dovrà ancora ritornare nuovamente davanti alla Corte EDU; intanto il 24 ottobre scorso abbiamo inviato una nota -nella quale documentiamo l’ineffettività della tutela introdotta-al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che – ricordiamolo - ha solo rimandato di un anno la valutazione della situazione Italiana, e sarà sempre bene ricordarlo e ricordarcelo. L’Italia non è stata affatto promossa per quanto sinora fatto per mettere riparo alle condizioni inumane di detenzione, nonostante in tal modo sia stata fatta passare la notizia dai media sempre più servili verso il Governo di Matteo Renzi. Nessun giornalista solamente semiserio oserebbe parlare di una promozione qualora uno studente universitario in sede di esame sia invitato dal professore a tornare alla sessione successiva, un atto di benevolenza finalizzato ad evitare una bocciatura formale, ma non certo una promozione. Ed è quel che è accaduto all’Italia: hanno detto “l’Italia ha fatto i compiti, ma non sappiamo quanto questi compiti siano stati fatti bene, sicuramente non sono bastevoli per una promozione, ci si rivede tra un anno”, eppure questa situazione è stata fatta passare dalla Tv e dalla stampa italica come una promozione: un gioco di prestigio in termini di comunicazione finalizzato a far abbassare la guardia e a prendere in giro i detenuti e i cittadini italiani che ancora confidano in uno Stato di diritto. Da parte nostra, dobbiamo ancor di più essere attrezzati nella nostra lotta per l’affermazione dello Stato di diritto, per l’affermazione di uno Stato che garantisca la espiazione delle sole pene legali, e finalmente si orienti nell’applicazione di quelle pene alternative al carcere che consentono di diminuire in modo drastico la recidiva. Colpisce come il Ministro della Giustizia Andrea Orlando leghi il provvedimento di amnistia esclusivamente alla situazione carceraria. L’irragionevole durata dei processi e le condanne seriali che riceviamo dall’Europa da decenni per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo evidentemente non lo preoccupano e occupano. Anche il 2 comma dell’art. 111 della Costituzione, laddove è scritto che “La legge ne assicura la ragionevole durata.” Ergastolo e 41 bis Il 23 ottobre scorso, parlando ai delegati dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale, Papa Francesco ha tenuto una “lezione magistrale” di respiro universale e di straordinario valore umanistico, politico e giuridico. Francesco ha detto che l’isolamento nelle cosiddette “prigioni di massima sicurezza”, utilizzate in particolare per i terroristi o per i criminali più pericolosi – è evidente il riferimento anche al 41 bis che si applica in Italia –, è “una forma di tortura” (una Tortura Democratica, come dice il titolo del libro di Sergio D’Elia e Maurizio Turco sul 41 bis). Questo perché – scrive Papa Francesco – “la mancanza di stimoli sensoriali, la completa impossibilità di comunicazione e la mancanza di contatti con altri esseri umani, provocano sofferenze psichiche e fisiche come la paranoia, l’ansietà, la depressione e la perdita di peso e incrementano sensibilmente la tendenza al suicidio”. Il Papa, inoltre, dopo aver osservato che il Vaticano ha recentemente eliminato il carcere a vita dal proprio codice penale, ha definito l’ergastolo “una pena di morte nascosta” che dovrebbe essere abolita insieme alla pena capitale. Anche perché non è vero che l’ergastolo in Italia di fatto non esiste più. Il “fine pena mai” vige davvero per gli “ergastolani ostativi” – al 22 settembre 2014, dietro le sbarre si contavano 1.576 condannati a vita dei quali ben 1.162 ostativi – che sono esclusi per legge dalle misure alternative e, quindi, anche da quella liberazione condizionale teoricamente possibile agli ergastolani che hanno scontato almeno 26 anni di carcere. Tra gli “ergastolani ostativi” o candidati a esserlo ci sono i circa 700 detenuti sottoposti al regime del 41 bis, il cosiddetto “carcere duro” dal quale si può uscire solo tramite il “pentimento”, una collaborazione con la giustizia considerata autentica solo se a rischio della vita propria e dei propri familiari. Alle parole del Papa, noi vogliamo corrispondere continuando nella nostra lotta, perfezionando e aggravando la nostra iniziativa, anche a livello giurisdizionale. In sede nazionale, con Nessuno tocchi Caino, intendiamo ritornare in Corte Costituzionale per sollevare la questione di legittimità della “pena di morte nascosta” qual è l’ergastolo; alla Corte di Strasburgo, per sollevare la questione da due punti di vista: quello della durata della permanenza in condizioni di isolamento (in particolare al 41 bis) legata alla mancata concessione in concreto di benefici previsti dall'ordinamento, ma soprattutto quello che l’isolamento comporta sullo stato di salute fisica e psichica e che Papa Francesco ha ben descritto nel suo intervento. La sindrome da isolamento in attesa di esecuzione è stata ampiamente e scientificamente documentata nel caso dei condannati a morte, vorremmo venisse posta in discussione anche per i condannati fino alla morte. I Dossier presentati al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa Con il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa abbiamo avuto – possiamo dirlo – una fitta corrispondenza non solo per i dossier depositati per dare il nostro contributo al controllo dell’esecuzione delle sentenze di condanna nei confronti dell’Italia per le condizioni inumane e degradanti nelle carceri o per l’irragionevole durata dei processi, ma anche perché le denunce preparate da Deborah Cianfanelli, da me e da Laura Arconti arrivassero per tempo nelle mani dei membri del Consiglio. Da questo punto di vista ci sono stati dei veri e propri “gialli” – da noi documentati – sulla sparizione dal sito ufficiale del Comitato dei documenti radicali, sparizioni che sono arrivate fino alla cancellazione delle nostre memorie del caso Sulejmanovic (stiamo parlando del 2009) e che sono “ricomparse” solo dopo i nostri comunicati e il documentato carteggio. L’ultima nota trasmessa a Strasburgo riguarda, ma ne ho già parlato, la truffa dei rimedi e dei risarcimenti (il prezzo della tortura) da corrispondere ai detenuti che subiscono o hanno subito i trattamenti inumani e degradanti in violazione dell’art. 6 della Convenzione. Nonostante tutti gli ostacoli, o forse proprio per gli ostacoli che ci stiamo sempre più collettivamente attrezzando a superare in una sorta di corpo a corpo con le burocrazie italiane ed europee, questo anno politico è stato l’anno in cui ciò per cui ci battiamo da anni viene riconosciuto e confermato ai più alti livelli istituzionali e giurisdizionali. Lo abbiamo detto nella lettera di convocazione del Congresso: non era scontato il messaggio solenne del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle Camere così come non erano scontati i successi radicali delle sentenze delle corti di giustizia europee, della Corte Costituzionale, e persino le prese di posizione di Papa Francesco, il quale non solo ha abrogato la pena dell’ergastolo e introdotto nell’ordinamento Vaticano il reato di tortura, ma ha voluto anche incoraggiare, mentre da ogni parte gli si chiedeva di “mollare”, l’azione nonviolenta di Marco Pannella. E’ accaduto anche che una delegazione di esperti dell’ONU sulla detenzione arbitraria che ha visitato le carceri italiane dal 7 al 9 luglio abbia avanzato raccomandazioni e proposte puntuali analoghe a quelle formulate dal Presidente Napolitano nel messaggio alle Camere volte a interrompere lo stato di illegalità in cui versa l’amministrazione della giustizia e la sua appendice carceraria nel nostro Paese, incluse le proposte in materia di amnistia e indulto, che sono "quanto mai urgenti per garantire la conformità al diritto internazionale". È stato l’anno in cui le giurisdizioni hanno emesso sentenze letteralmente rivoluzionarie che hanno recepito diritti umani fondamentali, obiettivi storici delle lotte per il movimento radicale: dall'abrogazione per incostituzionalità delle parti più proibizioniste della legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti, alla demolizione di molti degli aspetti più odiosamente restrittivi dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita ottenuti, questi ultimi, grazie al perseverante impegno di Filomena Gallo e dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca. E’ stato anche l’anno, ancora una volta, di migliaia di detenuti e loro familiari in sciopero della fame nel lungo Satyagraha “abbiamo contato gli anni, ora contiamo i giorni” che ci ha portato alla scadenza della sentenza Torreggiani; l’anno in cui abbiamo strappato numeri veri al DAP sulle capienze effettive regolamentari dei posti detentivi; l’anno in cui compagni straordinari hanno fatto approvare documenti a sostegno dell’iniziativa radicale sull’amnistia come è accaduto nella regione Abruzzo grazie ad uno sciopero della fame di 46 giorni di Ariberto Grifoni e a Firenze con l’impegno incessante di Maurizio Buzzegoli e dei compagni e delle compagne dell’Associazione Andrea Tamburi. Anche senza rappresentanti in Parlamento abbiamo continuato a visitare i detenuti; e lo hanno fatto costantemente in tutta Italia i radicali accompagnando deputati e senatori o - grazie al rapporto instaurato con il DAP (tanto litighiamo, quanto ci rispettiamo con il Vice-capo Luigi Pagano) ottenendo l’autorizzazione ad entrare nelle carceri. Si è poi consolidata un'altra modalità tutta radicale di intervento a difesa dei diritti umani fondamentali e questo lo dobbiamo certissimamente a Filomena Gallo. Ora le Corti internazionali riconoscono il merito, la competenza, il lavoro effettuato dal Partito radicale e dai soggetti costituenti il Partito Radicale: nel 2012 abbiamo visto ammettere dai Giudici della Corte interamericana dei diritti umani l' Amicus curiae del Partito Radicale e dell' ALC (Paoletti/Gallo/Sartori)sul procedimento all' esame della Corte sulla violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta per i cittadini dello stato del Costa Rica a causa della legge che vietava la fecondazione in vitro. Grazie anche al nostro intervento il Costa Rica è stato condannato. Successivamente la Corte EDU, ha ammesso il Partito Radicale, Radicali Italiani, Non c'è Pace a depositare amicus curiae e ulteriori memorie su due ricorsi che trattano le violazioni della CEDU da parte dell' Italia per assenza nel nostro ordinamento del reato di tortura. Questo dimostra come il lavoro presso le giurisdizioni effettuato sia da soggetti legittimati ad agire, sia dai soggetti costituenti del Partito e del Partito Radicale stesso, ha contribuito a creare quella giurisprudenza per il rispetto dei diritti umani che impone alla politica una agenda che le impone un cambio di direzione. Un’altra novità assoluta che dobbiamo all’intuizione di Deborah Cianfanelli è stato il deposito presso la Corte dei Conti dell’esposto elaborato dall’Avv. radicale Deborah Cianfanelli volto ad ottenere l’apertura di un’inchiesta giudiziaria sul danno erariale arrecato ai cittadini dall’inerzia di uno Stato che da decenni nega loro il diritto ad un sistema giudiziario giusto ed efficiente. ------------------------------------------------------ IL DISSESTO ECONOMICO, AMBIENTALE E IDROGEOLOGICO EFFETTO DELL’ILLEGALITA’ DI REGIME – Il macigno del Debito Pubblico E’ di queste ore la battaglia nonviolenta di Maurizio Bolognetti che oltre allo sciopero della fame, negli ultimi giorni ha preso la forma più grave dello sciopero della sete. Il Satyagraha, del quale ha preso il testimone Marco Pannella, è stato sospeso il 28 ottobre scorso a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio regionale lucano di una mozione che impegna la Giunta a varare l’anagrafe dei siti da bonificare, e degli impegni comunicati a Maurizio da parte dell’Assessore Aldo Berlinguer. Anche in questo caso, come in ogni azione nonviolenta, come in ogni Satyagraha radicale, si chiede al “potere” – all’istituzione Regione Basilicata - di rispettare la sua stessa legalità onorando le leggi dello Stato e i suoi propri deliberati. Assieme alla nonviolenza praticata e non predicata - negli ultimi tempi lo abbiamo scritto spesso nelle nostre mozioni di movimento - la via del ricorso alle giurisdizioni si rivela strumento imprescindibile di lotta per affermare lo Stato di diritto, democratico, federalista in una realtà in cui la degenerazione partitocratica e corporativa ha fatto precipitare l’Italia agli ultimi posti delle classifiche mondiali riguardo all’amministrazione della giustizia, alla libertà di impresa, all’inarrestabile formazione del debito pubblico. Nel settore del dissesto idrogeologico ed ambientale questa forma di azione politica “radicale” sta sempre più prendendo corpo. Ricordo il ricorso dell’avv. Niccolò Paoletti sul Rischio Vesuvio (e il prossimo, in via di ultimazione e deposito, sui campi Flegrei) che su spinta di Marco Pannella è stato presentato in marzo da abitanti della “zona rossa” alla Corte EDU per denunciare l’inerzia delle autorità competenti le quali non hanno adottato “le misure, legislative e provvedimentali, adeguate a fronteggiare un evento dannoso che non è incerto se si verificherà ma solo quando si verificherà", come prevede ormai l’intera comunità scientifica. Non solo. Anche la Corte dei Conti è stata investita della questione con un esposto per “danno erariale” denominato “danno da disservizio” a carico da una parte dei vertici della Protezione Civile, e, dall’altro, dei membri della Commissione istituita in relazione all’emergenza Vesuvio, in primis gli Amministratori locali coinvolti (Comuni, Provincia, Regione), che per oltre venti anni non hanno adottato le misure necessarie a fronteggiare l’emergenza, nonostante le risorse impiegate (sia umane che strumentali). Così come voglio rammentare il lavoro di Massimiliano Iervolino e Paolo Izzo (RadicaliRoma) sulla procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per l’acqua all’arsenico somministrata ai cittadini dell’alto Lazio.Quanto al dissesto idrogeologico e alle tragiche conseguenze cui siamo costretti ad assistere sempre più spesso (penso a quanto poco tempo sia intercorso dai fatti accaduti nel Gargano che ci hanno portati ad organizzare il Convegno di Foggia a quelli verificatisi a Genova), penso sia profondamente connesso a quell’accanimento delle attività umane sulla natura che molti nostri compagni documentano con costanza e puntualità (libro di Giuseppe Candido). Il fatto ad esempio che, dalla Basilicata alla costa abruzzese e all'Adriatico, si continui a perseguire e sostenere una pesante politica di estrazione di combustibili fossili significa scegliere di continuare ad incrementare i livelli di anidride carbonica (CO2) in atmosfera che fanno innalzare la temperatura terrestre provocando quelle estremizzazioni climatiche che sempre con maggior frequenza colpiscono il nostro pianeta. In questo senso, l’illuminante espressione di Marco Pannella, secondo il quale “il dissesto idrogeologico è frutto del dissesto ideologico” ci aiuta a comprendere l’urgenza di una conversione radicale dell’economia in senso ecologico. La sfida che vedo di fronte è allora quella di definire una serie di strumenti politici che aiutino questa conversione, vale a dire il passaggio da un’economica legata a un'idea di sviluppo insostenibile a una economia in senso ecologico. Per questo occorre innanzitutto avviare una grande operazione di verità. Il diritto umano alla conoscenza, per cui noi Radicali stiamo lottando, perché sia codificato nei patti internazionali sui diritti umani, riguarda anche la verità e la trasparenza non solo su quanto accade alle nostre risorse naturali ma anche sul sistema di formazione dei prezzi nel mercato delle materie prime e dei beni di consumo, dai sussidi alle fonti fossili, certo, ma senza tacere quando si esagera sugli incentivi alle rinnovabili, ai costi indiretti dello sfruttamento e dell’utilizzo delle risorse naturali non rinnovabili e delle conseguenze, ad esempio sulla salute, che certe attività provocano. Sono convinta poi che se il sistema di tassazione spostasse la pressione dagli elementi economici positivi e abbondanti (come il reddito da lavoro) a quelli negativi, perché a forte impatto sui sistemi naturali e ambientali e sempre più scarsi, come le risorse naturali non rinnovabili, allora le forze del mercato, libero ma anche responsabile, abbandonerebbero rapidamente l’uso di petrolio e carbone, perché l’energia eolica, la solare e la geotermia diventerebbero molto più economiche anche in assenza di incentivi. Pensare ad una conversione in senso ecologico dell'economia significa poi chiedersi se, oggi, un sistema di contabilità, basato solo sugli indicatori del PIL che non tengono conto anche della contabilità ambientale così come della non amministrazione della giustizia sia ancora uno strumento adeguato o non ci stia piuttosto portando dritti alla bancarotta economica ed ecologica. Per continuare ad occuparci di tutto questo penso a quanto ci possa ancora aiutare la forza visionaria dell’analisi e delle proposte di Aurelio Peccei, economista e manager industriale, partigiano di Giustizia e Libertà e fondatore del Club di Roma, che Pannella propose come Presidente del Consiglio, dopo che nei primi anni 70 il Club di Roma pubblicò il famoso Rapporto su “I limiti dello sviluppo”. Quel che il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito sta cercando di promuovere da più di vent’anni (con solide radici nel passato) è che nessun fenomeno del nostro tempo può essere più governato con una visione localistica e dunque occorrono istituzioni transnazionali democratiche per affrontare il futuro. Futuro che è destinato a divenire un incubo se si considera quanto straordinariamente spiegato nel documento politico, coordinato dal Prof. Aldo Loris Rossi, che il Partito Radicale ha presentato all’ONU in occasione del World Urban Forum 6 svoltosi a Napoli dall'1 al 7 settembre 2012: “dal dopoguerra – così esordisce e successivamente documenta - la terza rivoluzione industriale fondata sull’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha ristrutturato l’intero ciclo produttivo in senso post-fordista e spinto impetuosamente verso la globalizzazione, l’economia consumista e le megalopoli, provocando la più grande espansione demografica e urbana della storia”. Torniamo al Debito pubblico. Consentitemi ora, di soffermarmi un po’ su una battaglia storica radicale di estrema e vitale attualità. Nel mese si settembre, Marcello Crivellini, ha consegnato a Marco Pannella che glielo aveva richiesto un documento che considero “straordinario” per la sua radicalità dal titolo “Debito pubblico: da rischio commissariamento del Paese a occasione di crescita e modernizzazione”. Purtroppo Marcello non potrà essere presente a questo nostro Congresso, ma mi ha autorizzato a diffonderlo come documento congressuale soprattutto della III Commissione. Nel suo studio, Crivellini, dopo aver dato i numeri essenziali (qualcuno ricorda la bellissima trasmissione mattutina su Radio Radicale “i radicali danno i numeri”?) ripercorre la battaglia politico-istituzionale dei radicali negli anni ’80 e formula una nuova “proposta radicale per il governo del Debito pubblico e del paese” che, ne sono convinta, attualizza in un modo efficacissimo quel che lo Stato avrebbe dovuto fare nei decenni passati se solo i radicali fossero stati ascoltati e non dico dal potere partitocratico ma dai cittadini ai quali era ed è negato il diritto alla conoscenza. Il deputato radicale degli anni ’80 descrive la battaglia di allora e questo aiuta me nella relazione; perché vorrei far comprendere ai tanti che non l’hanno ancora capito che senza democrazia e stato di diritto sono i popoli ad essere destinati a soccombere. E l’Italia tutta Marcello Crivellini: “E’ stata una lunga battaglia politica e istituzionale, ma anche culturale: contro la cultura del sistema dei partiti (di maggioranza e di opposizione) di sottovalutazione e di rinvio dei problemi del paese nei principali settori economici e sociali. Una battaglia essenzialmente di verità: fermare ed invertire la corsa al Debito significava infatti rendere noto il peso che comode politiche corporative e le non scelte avrebbero scaricato sulle generazioni future e sul paese. La battaglia radicale degli anni ’80 sul Debito pubblico è stata peraltro la sintesi delle molte altre iniziative specifiche radicali per ammodernare il paese e renderlo autenticamente democratico, oltre che competitivo. Abrogare il finanziamento pubblico dei partiti, una decente legislazione sui sindacati (i loro bilanci, il sistema di finanziamento, il loro potere di veto..) che li riportasse da opachi enti parastatali alla loro funzione originaria, trasformazione del mercato del lavoro (abrogazione art. 18, abbandono della Cassa integrazioni per i “protetti” in favore di indennità di disoccupazione per tutti,..), riforma della giustizia (separazione delle carriere, non obbligatorietà dell’azione penale, CSM, responsabilità civile dei magistrati,..) per una “giustizia giusta”, abolizione del valore legale del titolo di studio per una scuola basata sul merito, riforma del sistema pensionistico con separazione netta tra assistenza e previdenza, dimagrimento dello Stato con privatizzazioni delle miriadi di partecipazioni e di enti (RAI e tutti gli altri), diversa politica europea per gli Stati Uniti d’Europa, nuovo sistema elettorale uninominale,..... : tutte queste proposte (e altre ancora) furono oggetto di iniziative politiche e referendarie 20 o 30 anni prima che, dopo averle duramente boicottate, se ne scoprisse l’attualità e l’urgenza economica, sociale e istituzionale. Il divario di modernità dell’Italia attuale trae origine proprio dall’emarginazione (spesso illegale perché contro risultati referendari) delle proposte radicali di allora, avviando il paese al declino economico e politico. La singolarità della proposta di Marcello Crivellini è quella di concentrare in 3 – 4 anni le riforme rinviate da 30-40 anni senza aumentare la pressione fiscale o minare l’economia corrente guadagnando il tempo necessario con interventi strutturali capaci di fermare il Debito al valore assoluto attuale attraverso l’alienazione di tutte le partecipazioni dello Stato ad aziende ed enti economici e attraverso la vendita del patrimonio immobiliare statale più facilmente appetibili dal mercato. Il mio pensiero a questo punto va a tutte le volte in cui Marco Pannella ha dovuto confrontarsi con noi “chiunque” che ci mettevamo un bel po’ di tempo prima di comprendere che i pacchetti di referendum erano un programma di governo del Paese e che il sistema (partitocratico, consociativo) avrebbe potuto subire il colpo decisivo solo se quelle riforme fossero passate, attraverso il voto popolare, tutte insieme. Ricordo quando nel 1997 depositammo in tutte le segreterie comunali ben 35 quesiti referendari. C’era tutto: riforma della Giustizia, riforma elettorale in senso uninominale di Camera e Senato, riforma dei patronati e dei sindacati, pensioni di anzianità, riforma del lavoro, abolizione degli ordini professionali e dei finanziamenti pubblici dei partiti; riforma della sanità, diritti civili, liberalizzazioni. Quell’esercizio democratico, ci portò poi ad elaborare il pacchetto dei referendum del 1999/2000. Renzi aveva 22 anni e probabilmente avrebbe avuto un altro destino – lui e il Paese – se la democrazia reale italiana non avesse usato le sue armi più potenti e micidiali contro il suo popolo. Certo, oggi il dato di regime è strutturale e Renzi, senza troppe colpe, ne è il prodotto. Dopo sessant’anni un sistema di comportamenti reiterati e trasmessi per un tempo così lungo nei confronti del popolo italiano – l’ho scritto nella lettera di convocazione - è difficile da mutare a meno che non si operi un salto di qualità nella nostra lotta politica, nella nostra consapevolezza e intenzionalità, nell’esercizio e nella disciplina di analisi, idee e obiettivi a cui si dà corpo e che abbiano la forza della durata e della durezza delle cose che si fanno, le quali – ne sono convinta – durano solo se sono dure. Questa è la scelta che dovrà fare il Congresso e farò il possibile perché la compia. Gira voce che si voglia far fuori l’”autocrate” e chi come me gli è vicino cercando di corrispondere al suo – nostro di radicali - progetto di una vita; alla sua capacità di pre-visione e visione; alla sua continua ricerca di concepire il nuovo possibile facendo tesoro di tutto, ma proprio di tutto e di tutti. Una cosa è certa: Pannella non si potrà mai dimettere da se stesso, non lo ha mai fatto e non lo farà. Continuerà ad essere Pannella cioè ad essere speranza anziché averla. Seppure un po’ stanca mi sento interiormente molto serena e, mi fa piacere dirlo, anche felice. Buon congresso, compagne e compagni!© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati
Tesoriere Valerio Federico: Radicali Italiani dia vita alla "Lega per l'iniziativa popolare". Urge restituire strumenti di democrazia ai cittadini
La relazione del tesoriere conferma l’analisi politica di fondo di Pannella, chiede però di tornare a parlare con segmenti della società con i quali i Radicali hanno smesso di parlare
Il tesoriere Valerio Federico apre la sua relazione al Congresso, forma di accountability naturale e necessaria per un partito che propone l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione quindi la democrazia nei partiti e la completa conoscibilità di quanto fatto, informando i congressisiti del risultato positivo del suo operato: “Il 2014 è stato un anno di azione di risanamento dei conti che ha, inoltre, determinato un’inversione di rotta nell’autofinanziamento, in calo dal 2008 al 2013”.
La proposta politica
Dalla relazione emerge la conferma della continuità della politica e della storia dei Radicali: “L’attualità, così come la storia, confermano la validità dell’analisi di Pannella, che individua come obiettivo primario la necessità di attivare democrazia e diritto dove non sono garantiti, anche al di fuori dell’Italia. Per questo i Radicali devono tornare a parlare con i segmenti della società con i quali hanno interrotto il rapporto, se si esclude la parentesi referendaria del 2013, perchè "se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno”.
L’essenza della proposta chiede che il Congresso deliberi sulla Costituzione di una lega per l'iniziativa popolare, cioè che i Radicali si facciano promotori di una azione di aggregazione di individui, personalità, parlamentari, e organizzazioni politiche, partiti, movimenti, associazioni.
La lega è lo strumento per raggiungere un importante obiettivo: promuovere il ripristino o il potenziamento degli strumenti di democrazia diretta o di iniziativa popolare a tutti i livelli istituzionali, per ridare una reale possibilità di scelta ai cittadini.
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Metro C, Magi: parole Presidente Roma metropolitane non rassicurano su destino principale opera strategica paese
Le risposte che il presidente e Ad di Roma Metropolitane ci ha fornito oggi, nel corso della prima audizione dal suo insediamento ( link al video integrale audizione http://www.radioradicale.it/scheda/425096 ) , fanno temere per la possibilità dei romani di avere un'opera con costi proporzionati alla sua funzionalità e in tempi ragionevoli.
La principale opera strategica italiana si conferma un'opera strategica "all'italiana" espressione che lo stesso presidente ha utilizzato riferendosi al modo in cui è stato inteso il ruolo del Contraente Generale nella lunga e incredibile vicenda di quest'opera, non proprio conforme a quanto previsto dalla "legge obiettivo".
Il quadro economico e il quadro giuridico dell'opera sono stati completamente stravolti. Basti a testimoniarlo il costo complessivo da Pantano a Colosseo che sarà non inferiore ai 3 miliardi e che fa temere che il costo complessivo dell'opera difficilmente sarà inferiore ai 5 mld.
Il nuovo corso di Roma Metropolitane avrebbe dovuto garantire ai cittadini la discontinuità rispetto alle prassi seguite dall'azienda in questi primi dieci anni di realizzazione dell'opera. In questo senso è ancora più preoccupante che il presidente e amministratore delegato di Roma Metropolitane, nominato a seguito della revoca dei precedenti vertici della società comunale - anche a causa della sottoscrizione dell'Atto attuativo del 9 settembre 2013 - non ritenga di compiere iniziative di autotutela rispetto agli effetti di quell'Atto che riconosce ulteriori somme alle imprese in modo illegittimo.
Peraltro quell'atto prevedeva la consegna della tratta fino a Lodi e l'inizio del presercizio nell'agosto scorso ma ciò non è avvenuto, mentre la stazione di S. Giovanni che avrebbe dovuto essere consegnata entro dicembre 2015 abbiamo appreso oggi che lo sarà entro giugno 2016.
La verità è che ancora oggi nessuno è in grado di dire quando, con quale progetto e con quale costo l'opera sarà completata. Sappiamo che forse lo sarà per il 2023 e con un lungo tratto di circa 2 km senza stazioni, da piazza Venezia a S. Pietro (la stazione dovrebbe collocarsi a ridosso dei bastioni di Castel Sant'Angelo).
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Approvato il regolamento del XIII Congresso Radicali Italiani
Dopo il voto sugli emendamenti, l'Assemblea plenaria di Radicali Italiani ha approvato il Regolamento del XIII Congresso, in corso a Chianciano dal 30 ottobre al 2 novembre 2014.
Scarica il Regolamento congressuale
Nasce l’Associazione radicale per il diritto alla conoscenza
Nasce a Roma l’Associazione radicale per il diritto alla conoscenza costituita da iscritti al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito con l’obiettivo di consentire al cittadino di conoscere per deliberare, perché dove non esiste il diritto alla conoscenza non è consentito compiutamente al popolo di partecipare alla vita politica, di scegliere da chi farsi rappresentare e di esprimere un giudizio sul loro operato e in particolare su chi governa e amministra.
L’Associazione radicale per il diritto alla conoscenza persegue l’obiettivo sia di vigilare sull'accesso ai media a cominciare da quelli pubblici che di rendere tutte le istituzioni ad ogni livello totalmente conoscibili e quindi effettivamente accessibili.
Il comitato promotore che procederà ai primi adempimenti statutari è presieduto da Diego Sabatinelli.
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Eterologa, Gallo: bene Lorenzin su età per accesso alle tecniche. Roccella non conosce norme su donazione gameti
color:#500050">Dichiarazione di Filomena Gallo, Segretario dell'Associazione Luca Coscioni, soggetto costituente il Partito radicale
Non può che essere accolta positivamente la dichiarazione del ministro Lorenzin oggi al question time in merito ai parametri di età per accedere alla fecondazione eterologa, previsto dalla Conferenza Stato Regioni per l’ accesso nel pubblico. Eliminare il limite massimo dei 43 anni, applicando quanto già previsto per la fecondazione omologa, è un presupposto importante per evitare ingiustificate discriminazioni che ledono un principio di uguaglianza fondamentale e contro le quali le coppie potranno opporsi impugnando le delibere regionali. Questo limite, infatti, è incostituzionale perché discrimina in base alla gravità dello stato di infertilità e all'età, anche alla luce del fatto che la legge 40 prevede un'età potenzialmente fertile, non indicando quella definitiva, in considerazione del fatto che vi è differenza tra donna e donna. Incomprensibili e gravi invece le dichiarazioni dell'onorevole Roccella che, esponendo l'interrogazione a firma Calabrò, Pagano e sua, sostiene che in regione Toscana ci sarebbe stata una compravendita di gameti ("è stato recentemente reso noto che presso il Careggi di Firenze è stata eseguita una fecondazione eterologa con gameti importati da una banca estera, presumibilmente acquistati" così scrivono nel testo): è bene ricordare che esistono norme per l'esportazione e l'importazione di gameti in sicurezza e garanzia, che prevedono in divieto di commercializzazione ( DM. 10/10/2012).E’ bene ricordare inoltre che le stesse direttive comunitarie che dettano norme su tracciabilità e sicurezza vietano la commercializzazione ma prevedono un rimborso spese.
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Carceri. Radicali: La morte della detenuta a Sollicciano è frutto di una politica proibizionista e giustizialista
È stata resa nota dall'Osapp la notizia della morte per overdose da stupefacenti di una detenuta nel carcere di Sollicciano a Firenze. Sul tema sono intervenuti Massimo Lensi, componente della Direzione di Radicali Italiani, e Maurizio Buzzegoli, segretario dell’associazione radicale fiorentina "Andrea Tamburi": "L’illegalità delle carceri italiane rimane dilagante. La morte della detenuta nel carcere di Sollicciano non è che il frutto di una politica proibizionista e giustizialista incapace di salvaguardare l'incolumità dei propri cittadini".
I due esponenti radicali ricordano come il problema carceri non sia superato: "La diminuzione del sovraffollamento carcerario messa in campo dal Governo Renzi non implica il superamento dei trattamenti inumani e degradanti che continuano ad essere perpetuati ai detenuti italiani.
La prova tangibile è anche il traffico di sostanze stupefacenti all'interno degli istituti penitenziari ma soprattutto un fallimentare piano di recupero per i detenuti tossicodipendenti". Infine Lensi e Buzzegoli rilanciano la proposta radicale: "Quante morti dovrà continuare a mietere lo Stato fuorilegge, prima di approvare i provvedimenti di amnistia e indulto?".
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Anagrafe siti da bonificare, Bolognetti: sospendo lo sciopero della fame per onorare la mozione votata dal Consiglio regionale e la risposta dell’assessore Aldo Berlinguer.
Caro Berlinguer,
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">le sono grato per l’attenzione che ha voluto dedicare alle questioni che ho posto. Mi consentirà, spero, di sottolineare che mi batto non per la trasparenza, ma per affermare il diritto alla verità inteso come diritto alla conoscenza. La mia non è protesta, ma proposta. Ho infatti proposto alla Regione Basilicata di rispettare la sua propria legalità, onorando le leggi dello Stato e i suoi propri deliberati. Sto proponendo, come ho fatto nel 2007 con l’anagrafe pubblica delle attività degli eletti e dei nominati o nel 2010 con una proposta finalizzata ad istituire un’anagrafe dei rifiuti, di onorare l’einaudiano diritto a poter conoscere per deliberare.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Ciò detto, alla luce della decisione del Consiglio regionale, che ha votato una mozione che impegna la Giunta a varare l’anagrafe dei siti da bonificare, e degli impegni che lei mi ha prospettato nella cortese lettera che mi ha inviato nella tarda serata di ieri, sospendo da questa mattina la mia iniziativa di dialogo nonviolento, sospendo il mio Satyagraha.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Caro Berlinguer, provo per l’ennesima volta a fare fiducia alla Regione, esprimendo l’auspicio che dopo anni di rinvii gli impegni presi vengano mantenuti. Non per amore di gratuita polemica, vorrà inoltre consentirmi di sottolinearLe che la risposta contenuta nella sua prima missiva conteneva notizie a me già note da anni. Trattasi, infatti, delle risposte che ricevo con regolarità dai gentili funzionari del Dipartimento da lei diretto ogni qualvolta provo a chiedere notizie dell’anagrafe dei siti da bonificare. Comprenderà, spero, che lei si è impegnato a fare ciò che da anni prevede una legge dello Stato e a dar corso finalmente a quanto la stessa Regione aveva scritto nel “Documento Propedeutico di Indirizzo per l’Aggiornamento e l’’Adeguamento del PRGR”.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Come potrà notare, caro Assessore, la delibera 1631/2012 contiene non a caso le parole “Adeguamento” e “Aggiornamento”. Questo in una Regione che è ancora molto lontana da una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti e che continua a puntare su inceneritori e opifici, anziché onorare quanto è scritto a chiare lettere in Direttive comunitarie che parlano di “gerarchia dei rifiuti”: prevenzione e riduzione, differenziata e riciclaggio.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Quanto all’efficacia delle politiche “ambientali”, vorrà infine consentirmi di sottolineare che molto c’è da fare e molto non è stato fatto ad iniziare dal fronte dei monitoraggi.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Le auguro buon lavoro, ne ha bisogno, ne abbiamo bisogno.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Latronico, 28 ottobre 2014
10.0pt;line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">
10.0pt;line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Maurizio Bolognetti
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Deposizione Napolitano. Manfredi (Ri): Copertura media senza possibilità di confronto rispetto a Ciampi per Telekom Serbia
Dichiarazione di Giulio Manfredi, membro di direzione di Radicali Italiani:
"La copertura mediatica assicurata alla deposizione del Presidente Napolitano è incommensurabile rispetto a quella che ebbe la deposizione dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il 13 luglio 2004, nella tenuta presidenziale di Castelporziano, nell’ambito dell’inchiesta sull’affaire Telekom Serbia".
"Ciampi depose in qualità di 'persona informata sui fatti' (essendo ministro del Tesoro all’epoca della cessione del 29% di Telekom Serbia a Telecom Italia, nel giugno 1997) alla presenza unicamente del procuratore capo di Torino Marcello Maddalena e dell’aggiunto Bruno Tinti. La notizia delle deposizione di Ciampi venne fuori solo dopo una settimana, riportata da scarne agenzie".
"Il 27 novembre 2002 avevo fornito al pm Tinti una lista di nomi di esponenti del governo Prodi del 1997 che potevano essere utilmente sentiti nell’ambito dell’inchiesta su Telekom Serbia. Oltre a quello di Ciampi, la lista comprendeva i nomi di Romano Prodi, Lamberto Dini, Piero Fassino, Mario Draghi (nel 1997 direttore generale del ministero del Tesoro) ed Enrico Micheli".
"Ricordo, infine, che la commissione parlamentare d’inchiesta su Telekom Serbia chiuse i battenti il 10 luglio 2004, tre giorni prima della deposizione di Ciampi, senza avere mai audito il Presidente della Repubblica, come richiesto reiteratamente da noi radicali".
Per approfondimenti:
"Telekom Serbia: Presidente Ciampi, nulla da dichiarare?" di Giulio Manfredi (con postfazione di Marco Pannella), Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2003
Sentenza d'archiviazione su Telekom Serbia
Lettura critica dell’ordinanza di archiviazione di Telekom Serbia
Finevita, lettera aperta dell'Ass. Coscioni alla Boldrini: sia data certezza di trattazione e pubblica discussione alle leggi popolari
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ONU/Diritti Umani: Le domande del Partito Radicale per i membri del Consiglio Onu sui diritti umani
E' iniziata lunedì 27 la fase conclusiva della cosiddetta revisione periodica universale, UPR, dell'Italia davanti al Consiglio Onu sui diritti umani. Nei prossimi tre giorni gli stati membri delle Nazioni unite porranno centinaia di domande al nostro Paese per ottenere informazioni circa gli impegni presi dal governo italiano nel 2009 in materia di rispetto dei diritti umani.
Nei mesi scorsi, e ancora in questi giorni, il Partito Radicale ha preparato un corposo dossier sull'inefficacia delle misure adottate dall'Italia per far fronte ai rilievi sollevato dall'Onu nel corso degli anni relativi alle carceri, immigrazione, disabilita' diritti LGBT e disabili. In premessa alla sua nota, il Partito Radicale sottolinea come non ci si possa limitare a dar fiducia alle dichiarazioni del Governo italiano, secondo cui molte delle raccomandazioni accettato sarebbero state trasformate in riforme legislative, ma che occorra approfondire, punto per punto, le varie questioni. Infatti, che si tratti delle carceri, piuttosto che delle politiche migratorie, dei progetti di inclusione dei Rom oppure dell'abbattimento delle barriere architettoniche, passando per le permanenti discriminazioni nei confronti dei gay, l'Italia ha ampiamente dimostrato di preferire una campagna di pubbliche relazioni, o minime modificazioni legislative di tipo cosmetico, a riforme strutturali. Le carceri restano sovraffollate, i campi Rom continuano a esser sgombrati colla forza, non un euro e' stato speso per dar seguito alla ratifica della Convenzione Onu in materia di disabilita' e I ripetuti annunci di modifica del codice civile per consentire le unioni di persone dello stesso sesso son rimasti, appunto, annunci. Questa situazione di patente e prolungata illegalita' costituzionale e mancanza di rispetto dei propri obblighi internazionali da parte dell'Italia e' stata piu' volte al centro, e anche solennemente, di interventi pubblici e ufficiali del Presidente della Repubblica, e' debitamente articolata nella Sentenza Torreggiani adottata dalla Corte europea dei diritti umani a gennaio 2013 e fotografata dal rapporto del gruppo di esperti indipendenti che per le Nazioni unite documenta le detenzioni arbitrarie. Domande proposte dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito da porre all’Italia in occasione della Revisione Periodica Universale (Universal Periodic Review) nell’ottobre 2014. Quali misure sta adottando l’Italia per rispettare appieno l’Articolo 7 e 14 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (PIDCP)? Nel gennaio del 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha adottato una “sentenza pilota” riguardante l’Italia demandando al Governo di adottare una serie di rimedi legislativi per affrontare le sistematiche violazioni dell’Articolo 3 della CEDU nelle istituzioni penitenziare nazionali. Sebbene le segnalazioni arrivassero da due penitenziari, la Corte europea ha affermato che i trattamenti “inumani e degradanti” sono un problema strutturale riguardante l’intero paese. 2. L’Articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti Umani proibisce i trattamenti inumani e degradanti – così come l’Art.7 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici – e sono anche una violazione dell’ Art. 27 della Costituzione italiana: “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. […].” 3. L’appello dell’Italia nell’aprile del 2013 è stata, infine, rigettato e la Corte di Strasburgo ha fissato nella scadenza del 28 maggio 2014 la data per rispondere alla sentenza Torreggiani. 4. L’8 ottobre 2013, agendo secondo l’Articolo 87 della Costituzione, il Presidente della Repubblica si è rivolto al Parlamento con un messaggio denunciando le condizioni detentive e accentuando la necessità di rispondere alla sentenza Torreggiani. Il Presidente Napolitano ha indicato possibili rimedi: pene alternative, ampie depenalizzazioni per crimini non-violenti, così come indulto e amnistia. 5. Il 6 marzo 2014, la Commissione dei Ministri del Consiglio d’Europa ha espresso una seria preoccupazione riguardo la mancanza di progressi dell’Italia rispetto alla sentenza pilota. 6. Alla data del 15 marzo 2014 solo la Camera dei Deputati ha tenuto un dibattito sul lavoro della sua Commissione Giustizia riguardo alcune bozze di documenti che avrebbero dovuto rispondere al messaggio presidenziale. Purtroppo, nessuna delle leggi, o dei cambiamenti in politiche, adottati o promossi dal Parlamento, né i decreti introdotti dal Governo nel luglio e nel dicembre 2013, hanno risposto adeguatamente alla sentenza Torreggiani. 7. Negli ultimi due anni, la situazione carceraria si è deteriorata; infatti, nel suo discorso alla Camera dei Deputati il 24 gennaio 2014, l’allora Ministro della Giustizia ha affermato che alla fine del 2013 la capacità regolamentare delle carceri italiane era di 47.599 posti, in ogni caso quei dati soffrivano di un rilevante sottodimensionamento (di circa 4.500 posti) a causa della manutenzione ordinaria di diversi istituti così come il rinnovamento degli edifici. Di conseguenza circa 4.500 posti devono essere sottratti ai 47.500 ufficialmente dichiarati; quei numeri sono stati calcolati al “4 dicembre 2013”. Così come in tale data vi erano “64.056 persone detenute, 11.180 in attesa di un primo giudizio, 12.049 con una sentenza non-definitiva, 38.828 con una sentenza definitiva e 1.189 internati”. Inoltre, il Ministro ha anche affermato che all’interno di un piano di costruire nuove carceri un totale di “12.324 nuovi posti sono stati o stanno essendo realizzati, 5.012 dei quali sono pronti per essere utilizzati”. Il Ministro non ha elaborato se essi fossero effettivamente già in uso. 8. In diverse occasioni, sia il Governo, il Parlamento e le unioni di polizia hanno dichiarato che affinché le nuove, e vecchie, istituzioni penitenziarie per operare in accordo con la legge del Governo dovrebbero assumere circa 5.000 nuovi poliziotti. 9. La Corte europea dei Diritti Umani ha anche denunciato che le violazioni dell’Italia dell’articolo 6 dei Diritti Umani della Convenzione europea sull’ “irragionevole durata dei procedimenti penali” – art.14, 1C dell’ICCPR. Nel gennaio 2014, il Ministro della Giustizia denunciava una situazione nella quale vi sono tre milioni e mezzo di procedimenti penali in corso, la cui durata va oltre i cinque anni – un fardello che ostruisce il lavoro delle corti in tutto il paese. La situazione della giustizia civile è anche peggiore con oltre cinque milioni di processi in corso con una durata di sette anni, come denunciato dall’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE). 10. Quali misure sono in discussione per evitare l’abuso della detenzione prima del processo? L’Art. 14.2 del PIDCP recita “Ogni persona incolpata di un crimine deve avere il diritto di essere presunta innocente fino a quando è provata essere colpevole secondo la legge”. Secondo ammissione del Ministro di Giustizia circa il 40% di coloro detenuti in Italia non sono stati condannati in sentenza definitiva (il sistema italiano prevede tre gradi di giudizio), circa il 10% non hanno mai visto un giudice. Le associazioni degli avvocati (Bar Associations) segnalano che metà di quel 40% di detenuti sono infine assolti. 11. L’Italia prenderà in considerazione una riforma del Art.41-bis dell’Atto di Amministrazione Penitenziaria? L’articolo 41-bis dell’Atto dell’Amministrazione Penitenziaria autorizza il Ministro di Giustizia o il Ministro degli Interni a sospendere taluni regolamenti penitenziari. Ciò è utilizzato contro persone imprigionate per crimini particolari: coinvolgimento con la mafia; traffico di droga; omicidio; furto aggravato ed estorsione; rapimento; importazione, acquisto, possesso o cessione di grandi quantitativi di droga; e crimini commessi per terrorismo o per sovversione del sistema costituzionale. E’ sospeso solo quando un prigioniero co-opera con le autorità, quando viene annullato da una corte, o quando un prigioniero muore. La Corte di Sorveglianza di Roma è la corte con competenze a livello nazionale sugli appelli contro i decreti di 41-bis. Tale trattamento speciale è in violazione con l’articolo 7 del ICCPR in quanto costituisce trattamenti che violano la dignità umana e certamente non sono in linea con l’Art.27 della Costituzione Italiana. 12. Come opererà il recentemente stabilito sistema del Prigioniero Ombudsman? Nel febbraio 2014 il Parlamento ha convertito in legge un decreto concernente questioni legate alla criminalità che, tra le altre cose, ha istituito il “Garante nazionale dei diritti dei detenuti” un Ombudsman nazionale indipendente per i diritti dei prigionieri. La necessità di adottare con rapidità il decreto che implementa la legislazione non includeva le specifiche sulle competenze e prerogative di tale figura. 13. Come l’Italia intende allineare la definizione di tortura con gli standard internazionali? Il 6 marzo 2014 il Senato della Repubblica italiana ha infine introdotto, in “prima lettura” (l’Italia ha un sistema bi-camerale perfetto in cui le leggi devono essere discusse da entrambe le Camere) il crimine di tortura nel suo codice penale. Il testo non aderisce alla lettera e allo spirito della Convenzione ONU in quanto non è specificatamente applicata agli ufficiali pubblici e implica una reiterazione dell’atto per essere considerata tale. Alla fine, qualora l’atto dovesse provocare la morte della persona, la legge ordina la reclusione come ultima istanza, qualcosa che non è in linea con l’Art. 27 della Costituzione. 14. Quando l’Italia stabilirà un Istituzione Nazionale Indipendente sui Diritti Umani? Nella primavera 2013 il Parlamento ha infine ratificato il Protocollo Opzionale della Convenzione ONU sulla Tortura (OPCAT, in inglese), ma non ha proceduto a stabilire un’istituzione indipendente sui Diritti Umani in linea con i principi di Parigi. L’assenza di tale agenzia non permetterà il meccanismo di monitoraggio complessivo prefigurato dall’OPCAT. 15. Dall’inizio della XVII legislatura (marzo 2013), diverse bozze di legge sono state introdotte in materia ma nessuna è pienamente in linea con i principi di Parigi. Particolarmente preoccupante è la mancanza di linee guida per la selezione e la nomina dei membri dell’Istituzione così come la mancanza di chiarezza sulle loro prerogative. 16. Come l’Italia affronterà la riforma del sistema giudiziario per le persone affette da malattie mentali? Nella primavera del 2012 e del 2013 il Parlamento ha adottato leggi per chiudere i cosiddetti “Ospedali psichiatrici giudiziari” devolvendo le loro competenze alle amministrazioni regionali con la prospettiva di rilasciare centinaia di persone con malattie mentali e trasferendole alle istituzioni sanitarie quando queste persone non fossero ritenute pericolose. Né il governo centrale né le regioni hanno intrapreso alcun passo per implementare quelle decisioni. 17. Quando l’Italia implementerà istituzioni speciali per prigionieri con figli? Nel 2011 il Parlamento ha adottato una legislazione concernente le detenute madri prevedendo la detenzione di donne e uomini con bambini fino all’età di sei anni solo in circostanze molto gravi e promuovendo la costruzione di Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri (ICAMM), istituzioni speciali con un minore grado di sicurezza. A marzo 2014, solo una dei nuovi istituti proposti, quello di Venezia, è stato inaugurato lasciando circa 40 madri dietro le sbarre con bambini in altri penitenziari di Firenze, Roma e Torino. 18. L’Italia giungerà ad abolire l’incarceramento a vita nelle sue varie forme? L’articolo 27 della Costituzione italiana prevede un sistema di giustizia dedicato alla riabilitazione dei criminali. Il mantenimento della prigione a vita (ergastolo) e la negazione del diritto dei prigionieri – coloro condannati al cosiddetto “ergastolo ostativo” (incarcerazione a vita senza rilascio in libertà condizionale) sotto l’Art.4 bis dell’Atto dell’Amministrazione Penitenziaria– ad avere qualche forma di libertà limitata dopo 20-25 anni di vita in prigione è contrario alla Costituzione ed è anche in violazione di una sentenza del 2013 della Corte europea dei Diritti Umani. 19. L’Italia costituirà un corpo integrato e indipendente per monitorare l’ applicazione di leggi riguardo all’uguaglianza affrontando discriminazioni sul piano dell’orientamento sessuale, d’identità di genere ed espressione? Il ripsetto dei diritti delle persone Lesbiche Gay Bi-sessuali Transgender e Intersex (LGBTI) in Italia è spesso compromessa da una legislazione incompleta. Durante l’ultima decade, implementando direttive dell’UE, l’Italia ha adottato una legislazione che proibisce la discriminazione riguardante l’orientamento sessuale e – per una certa estensione– identità di genere nel campo sia dell’impiego pubblico e privato. 20. Nell’aprile del 2013 una Strategia Nazionale per prevenire e contrastare la discriminazione sul piano dell’orientamento sessuale e l’identità di genere (2013-2015) è stata anch’essa adottata. La Strategia Nazionale è stata definita dall’Ufficio nazionale per la promozione di uguali trattamenti e la rimozione della discriminazione sui piani di origini razziali o etniche (UNAR, in inglese) senza una legislazione sull’allargamento delle competenze dell’UNAR mantenendo il suo operato vulnerabile al volere politico o ai cambi di governo. 21. Nel 2010 l’Italia ha creato l’Osservatorio per la Sicurezza Contro Atti di Discriminazione (OSCAD) per aiutare gli individui che appartengono alle minoranze di godere il diritto di uguaglianza di fronte alla legge e garantire la protezione contro ogni forma di discriminazione anche basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Nonostante la creazione di queste due istituzioni, l’Italia manca di un’organizzazione integrata e di uguaglianza indipendente per perseguire un’agenda su più piani riguardo l’uguaglianza. 22. L’Italia adotterà misure per permettere uguali trattamenti alle coppie dello stesso sesso? Le coppie dello stesso sesso sono discriminate di fronte alla legge se comparate con quelle di sesso differente. Lo stato non offre nessuna soluzione ai problemi di tutti i giorni cui questa discriminazione da luogo. Nessun legge è correntemente discussa al Parlamento per affrontare tali trattamenti d’ineguaglianza. 23. L’Italia completerà le leggi di riassegnazione di genere con regolamenti più specifici? La riassegnazione di genere in Italia è legalmente garantita, i cambiamenti nei documenti sono garantiti, e le procedure mediche sono disponibili gratuitamente. Nondimeno, la mancanza di specifiche regolamentazioni nelle procedure causano incertezza e differenziazione nel paese. Inoltre, la sterilizzazione è ampiamente considerata un pre-requisito necessario per il riconoscimento legale di genere. Il sistema sanitario di cura non provvede una terapia gratuita degli ormoni per caratteristiche sessuali secondarie in tutte le regioni. 24. Fino al mese di marzo 2014 non c’è stata una regolazione specifica per un’eventuale modifica di dati personali per individui intersex/dsd, la cui identità di genere potrebbe non corrispondere al loro sesso assegnato medicalmente. 25. L’Italia sta sviluppando politiche per aggiornare i lavoratori in campo della salute e sociale sulle questioni LGBTI? Il sistema manca di considerare i bisogni particolari delle persone LGBTI. La formazione del personale sanitario e lavoratori del sociale non include questioni legate alle LGBTI in modo strutturale. Le differenze nello sviluppo seessuale (dsd/intersex) sono ancora considerate problemi di salute, invece che possibile variazioni naturali nello sviluppo della sessualità umana 26. L’Italia includerà le identità di genere come un fattore per i richiedenti asilo? L’interpretazione della legge italiana è che la persecuzione sul piano dell’orientamento sessuale è un fattore per ottenere lo stato di rifugiato o protezione umanitaria. L’identità di genere rimane negletta 27. Quando l’Italia eliminerà la criminalizzazione dei migranti senza documenti? Nonostante alcune raccomandazioni adottate alla prima Revisione Periodica Universale (Universal Periodic Review) che invitava l’Italia ha rivedere il crimine di “immigrazione illegale”, non c’è stato nessun cambio di legge che prendesse in considerazione l’atto illegale di essere trovati senza i necessari documenti o visti. Tale misura, entrata in vigore durante l’estate del 2009, ha significativamente contribuito ad un rilevante aumento del numero di incarcerazioni creando problemi aggiuntivi ad un sistema carcerario già decadente. 28. Il cambiamento nella legge ha radicalmente cambiato la natura e lo scopo dei centri d’immigrazione facendoli assomigliare più a campi di detenzione che a temporanee strutture di accomodamento per i migranti. Nell’ aprile del 2011 la Corte europea di Giustizia ha giudicato che fosse illegittimo considerare come crimine l’ “immigrazione illegale”. 29. L’Italia rivedrà la qualità, la natura e lo scopo dei Centri d’Immigrazione? Dopo un rilevante aumento degli arrivi dei migranti durante la cosiddetta “Primavera Araba”, l’Italia ha adottato misure per far fronte ai problemi aprendo nuovi centri che non si conformavano appieno con le norme nazionali ed internazionali. Sebbene questi centri fossero temporanei, molti sono rimasti operativi per molti mesi. Per gestire il numero più significativo di arrivi, il Ministro dell’Interno ha sospeso la criminalizzazione dei migranti senza documenti fino ad una certa data generando grande confusione per coloro che hanno raggiunto l’Italia nei giorni seguenti, principalmente dalla Tunisia, giacché la data fissata era antecedente all’arrivo della seconda ondata di migranti. 30. La maggior parte di coloro arrivati nell’aprile del 2011 ha dichiarato che essi consideravano l’Italia come un paese di passaggio esprimendo il desiderio di recarsi nell’Europa del nord. Mentre permangono problemi rispetto alla Convenzione di Dublino su coloro richiedenti asilo, data la posizione geografica dell’Italia, il governo ha solo recentemente convertito i centri situati vicino ai porti di entrata dei migranti in Centri di Primo Soccorso e Assistenza creando un meccanismo per trasferirli rapidamente in altri luoghi dove essi possano anche fare richiesta alle varie forme di protezione previste dalla legislazione nazionale. 31. Organizzazioni non-governative nazionali ed enti di monitoraggio internazionale come il Rapporteur sui Diritti Umani del Consiglio d’Europa hanno molte volte stigmatizzato le misere condizioni dei centri di immigrazione. Fino al dicembre del 2013 i migranti hanno organizzato dimostrazioni di massa in diversi centri per denunciare le condizioni nelle quali erano tenuti. 32. L’Italia può spiegare come l’immediato rimpatrio di migranti senza documenti differisca dall’essere respinti e rimandati in luoghi da cui sono fuggiti per guerra o persecuzione (refoulement)? Nel corso degli anni, l’Italia ha firmato accordi bilaterali con alcuni paesi per l’immediato rimpatrio di migranti senza documenti. Vi sono voli settimanali da Milano a Roma per rimpatriare individui senza che gli sia data la possibilità di essere ascoltati sui motivi della loro presenza in Italia. Ciò ammonta ad una violazione del principio di non respingimento (non-refoulement). 33. Quando e in che modo l’Italia implementerà infine la sua Strategia nazione dell’Inclusione dei Rom? Nel febbraio del 2012 l’Italia ha adottato una Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom per il superamento dei “campi nomadi” e favorire la loro inclusione sociale, lavorativa ed educativa. Come rilevato dal Commissario europeo Nils Muiznieks nella sua visita in Italia nel dicembre 2013, non c’è un piano chiaro o un calendario per l’effettiva implementazione della strategia. 34. I cosiddetti “campi nomadi” costruiti durante lo stato d’emergenza (2008-2011) si sono rivelati essere luoghi di segregazione spesso lontani dai centri abitati, circondati da recinzioni, tenuti sotto controllo da sicurezza privata e camere di sorveglianza con nessun accesso ai servizi base, infrastrutture e condizioni sanitare sufficienti. Insediamenti spontanei mostrano aspetti sanitari ed infrastrutturali persino peggiori sebbene vi siano migliori condizioni riguardo alla vicinanza con servizi e la vita sociale. 35. Nonostante un largo numero di progetti di associazioni sparse lungo tutto il paese, l’educazione dei bambini Rom che vivono nei campi appare insufficiente e distante da quella del resto della popolazione. 36. Quali misure adotterà l’Italia per implementare pienamente la Convenzione ONU sui Diritti della Persona con Disabilità? Il 3 marzo 2009 l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che tiene conto di obblighi specifici nel rivedere o aggiornare gli ordinamenti sul tema. L’insieme di misure adottate sotto il “programma d’azione biennale (2012-2015) per promuovere i diritti e l’inclusione di persone con disabilità” redatto dall’Osservatorio Nazionale sullo Stato della Persona con Disabilità, il 28 dicembre 2013, non può considerarsi in linea con la Convenzione ONU. 37. Secondo la Classificazione Internazionale delle Invalidità, Disabilità e Handicap (ICIDH, in inglese) adottata dall’OMS negli anni ’80, la disabilità è una condizione non solo attribuibile a vari impedimenti che possono riguardare le persone ma anche le interrelazione tra le persone e i loro impedimenti nel contesto in cui essi vivono e lavorano. Il programma d’azione biennale non prende in considerazione la definizione di disabilità – una mancanza strutturale che ha un impatto negativo sull’attuale sistema di welfare per i disabili. L’adattamento dei contesti in cui le persone con disabilità interagiscono possono ridurre il loro deficit, e pertanto dei costi in cui incorre lo Stato come parziale compensazione degli svantaggi sociali sofferti dalle persone con disabilità. Quelle risorse potrebbero essere dedicare ad aiutare persone con severe disabilità. 38. L’Italia non ha fatto progressi nell’implementazione del suo Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) che demanda al governo centrale e alle amministrazioni locali di adottare tutte le necessarie misure pratiche per essere in regola con la legge No. 41 del 1986.© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati
Anagrafe dei siti da bonificare – Bolognetti: grazie Marco
Di Maurizio Bolognetti, in sciopero della fame dal 15 ottobre(dal 24 alternando un giorno di sciopero della sete a un giorno di sciopero della fame)
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">A mezzo facebook e attraverso un messaggio affidato alla segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini, Marco Pannella ha preannunciato che nelle prossime ore deciderà di associarsi all’iniziativa nonviolenta che sto conducendo per sostenerne obiettivi e ragioni. A Marco dico semplicemente grazie per avermi insegnato a lottare in tutti questi anni per la vita del diritto e il diritto alla vita. Grazie per avermi fatto capire che la strage di legalità e di diritto ha sempre per corollario, nella storia, la strage di popoli.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">E certo non dimentico che parliamo di quel Marco Pannella che nel 1978 scriveva un profetico editoriale intitolato “Pane, lavoro, ecologia”. Lo avessero ascoltato allora, non pagheremmo oggi il dazio che pure stiamo pagando per un dissesto idrogeologico sempre più figlio del dissesto ideologico. Lo avessero ascoltato ieri, forse oggi Taranto non piangerebbe i morti che continua a piangere. Se avessero ascoltato Marco Pannella quando scriveva “anche per le sinistre una bella raffineria è più gratificante della lotta alle alluvioni e alle frane”, oggi nella Basilicata Saudita avremmo qualche sito inquinato in meno dalle attività di estrazione, ricerca, trasporto e coltivazione idrocarburi.
line-height:115%;font-family:"Verdana","sans-serif"">Questo nostro paese è Stato canaglia sul fronte della tutela ambientale e della salute umana così come lo è sul fronte dell’amministrazione della giustizia e delle patrie galere.
Non potrebbe essere altrimenti dopo un settantennio di regime partitocratico che ha fatto strame “di leggi, di diritto, di principi costituzionali, di norme e di regole che avrebbero dovuto governare la convivenza civile della democrazia italiana”.
Alla Regione Basilicata, e al Presidente Marcello Pittella torniamo a chiedere di dare concreta applicazione all’art. 251 del Codice dell’Ambiente, istituendo finalmente l’Anagrafe dei siti da bonificare. Si onori, ripetiamo, l’einaudiano conoscere per deliberare.
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Sondaggio, Magi: le istituzioni capitoline hanno tutte le risorse economiche per offrire servizi ed essere popolari, ma sono mangiate dalle clientele trasversali di cui il Pd è capofila
Dichiarazione di Riccardo Magi, consigliere radicale eletto nella lista Civica Marino:
"Con i bilanci di Roma Capitale alla mano, possiamo dire che le risorse economiche per aggredire i principali problemi che affliggono la Città, far rispettare la legge e il decoro, offrire mezzi e servizi pubblici a livello di una capitale europea, ci sono, ma vengono completamente inghiottiti da una coltre di clientele, da decenni sempre identica, che gode di affidamenti diretti e senza gara grazie a protezioni politiche trasversali all'interno del Consiglio. Questo vale per quasi tutti servizi (o i malservizi) pubblici di Roma e ha divorato le aziende comunali.
Il sondaggio commissionato dal PD di Roma, o del Lazio, per il quale ora Zingaretti chiede di essere lasciato in pace, che darebbe il Sindaco Marino in caduta libera nasconde completamente le responsabilità del primo partito della Capitale.
La perdita di consenso attribuita dopo un anno a Marino è frutto della continuità dei modi e metodi che ha ereditato e che finora non è riuscito a rompere fino in fondo. È frutto dell'incapacità di adottare nuovi modelli di erogazione dei servizi, cosa che lo stesso Dl Salva Roma richiedeva.
Nelle settimane precedenti all'ultimo bilancio avevamo ribadito, come Radicali, la necessità di un impegno immediato almeno su 5 punti perché il risanamento sia credibile: gare per appalti e affidamenti, trasparenza su consulenze e incarichi dirigenziali, vendita di aziende comunali che svolgono servizi non essenziali, stop all'obolo a disposizione di associazioni scelte direttamente dei consiglieri, legalità e tempi certi per la Metro C.
Spero che Renzi, Guerini e Serracchiani e gli altri dirigenti del Pd Nazionale, comprendano quanto sia indispensabile - anzitutto per i conti pubblici nazionali - intervenire nel difficile contesto romano, per dare un serio sostegno al sindaco Marino per un piano di rientro che rilanci la Città e che è ancora nelle sue mani e nella disponibilità del Consiglio. Piano di rientro che vede come principale ostacolo l'intero sistema delle clientele che regge da sempre anche le preferenze elettorali del loro partito. L'alternativa reale sarebbe ormai il commissariamento di Roma, cioè il fallimento della politica".
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Firme false Piemonte. Radicali: Legge uguale per tutti. Distinguere piano penale da amministrativo, dove vale "prova di resistenza"
Dichiarazione di Giulio Manfredi, della direzione di Radicali Italiani e segretario dell'associazione radicale Adelaide Aglietta:
"La legge deve essere eguale per tutti e, quindi, sia rispetto alle indagini sulle firme raccolte a sostegno delle liste alle ultime regionali sia rispetto alla cosiddetta "Rimborsopoli" non devono esistere zone d'ombra o di impunità, a sinistra come al centro come a destra. D'altronde, l'accuratezza e l'incisività dimostrata dalla Procura di Torino in occasione del "caso Giovine" - per esempio, con l'utilizzo dell'aggancio delle cellule telefoniche dei cellulari per dimostrare la presenza o meno dei Giovine in un dato luogo - avrebbe dovuto mettere sull'avviso tutti gli aspiranti autenticatori di firme sull'opportunità di fare le cose per bene".
"Ciò doverosamente detto, ribadiamo che occorre distinguere il piano delle responsabilità penali da quello relativo alla ricaduta della falsificazione di firme - tutta ancora da dimostrare - sui risultati elettorali. Qui vale la 'prova di resistenza', cioè occorre verificare se togliendo le firme che risultassero eventualmente false o comunque irregolarmente raccolte, le liste oggetto di indagine avrebbero potuto essere comunque presentate".
"Rispetto al 'caso Giovine', la 'prova di resistenza' fu più semplice da verificare perchè si trattava di falsi ed irregolarità relativi direttamente alla sola lista dei candidati e perchè i voti di Giovine furono determinanti per la vittoria di Cota: saltando la lista di Giovine, saltò anche Cota".
Il precedente con le sentenze del "caso Giovine": http://www.associazioneaglietta.it/cosa-facciamo/elezioni-e-legalita/
Proposta di Ordine dei lavori e altre informazioni sul Congresso
Giovedì 30 ottobre avrà inizio il 13° Congresso di Radicali italiani presso il centro Congressi Excelsior di Chianciano terme. L’Assemblea proseguirà sino a domenica 2 novembre.
Nel chiedervi di partecipare alla quattro giorni congressuale annuale, alleghiamo la proposta di ordine dei lavori che il 30 ottobre sarà dapprima esaminata dal Comitato Nazionale e successivamente approvata dall’Assemblea plenaria subito dopo le relazioni della Segretaria Rita Bernardini e del Tesoriere Valerio Federico.
All'interno troverete anche i titoli delle quattro Commissioni congressuali che inizieranno i lavori alle 21.30 di giovedì.
Per prenotare il soggiorno a Chianciano, chiamare la Clante Hotels al 0578-63360 o inviare una mail a clantehotel@gmail.com - Per iscriversi o versare un contributo è possibile farlo direttamente alla pagina www.radicali.it/iscrizioni-donazioni.
A presto, al Congresso!
AttachmentSize Ordine dei lavori del 13o congresso di Radicali italiani.doc38.5 KBBce, Radicali: Dopo test separare banche da fondazioni
(ANSA) - ROMA, 27 OTT - Separare le banche dalle fondazioni bancarie "dominate" dai Partiti. Tornano a chiederlo i radicali italiani, impegnati da tempo nella campagna di sensibilizzazione #sbanchiamoli, all'indomani delle pagelle - Stress Test - assegnate dalla Bce agli istituti europei.
"La considerazione evidente - dichiarano Valerio Federico, tesoriere di Radicali Italiani e Alessandro Massari, della direzione nazionale di Radicali Italiani - è la seguente: se le fondazioni devono fornire i mezzi per realizzare un welfare di prossimità non possono contemporaneamente rifinanziare il capitale delle banche in loro proprietà essendo abbondantemente documentato che si tratta di un investimento che non ha dato ritorni". Le fondazioni, sostengono, negli ultimi anni hanno infatti dimezzato le proprie erogazioni ai territori di riferimento. A finire nel mirino dei radicali - così come nell'analisi della Bce - sono Mps e Carige, "distrutte dalle proprie fondazioni, quindi dalla Politica che ne nomina i vertici".
"Ora - chiedono i radicali anche attraverso una petizione al Parlamento contenente una Proposta di Legge - vanno trovati investitori che ricapitalizzino un sistema malato, fatto di intrecci tra politica finanza e economia tipica della nostra società che contrasta il merito e favorisce le clientele". (ANSA).
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Radicali italiani. Stress test Bce confermano che c’è bisogno di una netta separazione tra banche e fondazioni. #Sbanchiamoli!
Dichiarazione di Valerio Federico, tesoriere di Radicali Italiani e Alessandro Massari, della direzione nazionale di Radicali Italiani:
Radicali italiani conduce da tempo una campagna politica, che mira a separare le banche dalle fondazioni bancarie dominate dai partiti, dal titolo "#Sbanchiamoli".
Per realizzarla abbiamo consegnato una petizione al Parlamento contenente una proposta di legge, per dimostrare a deputati e senatori la necessità di intervenire con urgenza per separare le istituzioni finanziarie dalle fondazioni partitocratiche.
La considerazione evidente, quindi complessivamente ignorata, è la seguente: se le fondazioni devono fornire i mezzi per realizzare un welfare di prossimità non possono contemporaneamente rifinanziare il capitale delle banche in loro proprietà essendo abbondantemente documentato che si tratta di un investimento che non ha dato ritorni (le fondazioni negli ultimi anni hanno dimezzato le proprie erogazioni ai territori di riferimento).
Gli stress test della Bce, fondati su dati oggettivi e non su convenienze e chiacchiere partitocratiche ci hanno dato drammaticamente ragione: Mps e Carige sono le banche distrutte dalle proprie fondazioni, quindi dalla politica che ne nomina i vertici. Gli scandali hanno travolto proprio le banche dominate dalle Fondazioni, come Mps e Carige, sonoramente bocciate dall’Ue.
Morale: Mps e Carige rischiano il fallimento, le fondazioni di queste banche hanno ridotto drasticamente le erogazioni alle comunità di riferimento. Ora vanno trovati investitori che ricapitalizzino un sistema malato, fatto di intrecci tra politica finanza e economia tipica della nostra società che contrasta il merito e favorisce le clientele.
Nell’attesa che un rappresentante parlamentare abbia il coraggio e la lungimiranza necessaria di tentare fermare le politiche miopi condotte dai padroni del vapore, presentando la nostra proposta di legge e dare una soluzione strutturale al problema.
I due titoli, all’apertura della Borsa non riuscivano ad accedere agli scambi, sono entrati in contrattazione e poi sospesi immediatamente al ribasso. Visti i fatti, non c’è bisogno di convinzione, basta ragionare in termini di convenienza.
Radicali italiani. Stress test BCE confermano che c’è bisogno di una netta separazione tra banche e fondazioni, #Sbanchiamoli!
Dichiarazione di Valerio Federico, tesoriere di Radicali Italiani e Alessandro Massari, della direzione nazionale di Radicali Italiani
Radicali italiani conduce da tempo una campagna politica, che mira a separare le banche dalle fondazioni bancarie dominate dai Partiti, dal titolo #Sbanchiamoli. Per realizzarla abbiamo consegnato una petizione al Parlamento contenente una Proposta di Legge, per dimostrare a deputati e senatori la necessità di intervenire con urgenza per separare le istituzioni finanziarie dalle fondazioni partitocratiche. La considerazione evidente, quindi complessivamente ignorata, è la seguente: se le fondazioni devono fornire i mezzi per realizzare un welfare di prossimità non possono contemporaneamente rifinanziare il capitale delle banche in loro proprietà essendo abbondantemente documentato che si tratta di un investimento che non ha dato ritorni (le fondazioni negli ultimi anni hanno dimezzato le proprie erogazioni ai territori di riferimento). Gli stress test della BCE, fondati su dati oggettivi e non su convenienze e chiacchiere partitocratiche ci hanno dato drammaticamente ragione: MPS e CARIGE sono le banche distrutte dalle proprie fondazioni, quindi dalla Politica che ne nomina i vertici. Gli scandali hanno travolto proprio le banche dominate dalle Fondazioni, come MPS e CARIGE, sonoramente bocciate dall’UE. Morale: MPS e CARIGE rischiano il fallimento, le fondazioni di queste banche hanno ridotto drasticamente le erogazioni alle comunità di riferimento. Ora vanno trovati investitori che ricapitalizzino un sistema malato, fatto di intrecci tra politica finanza e economia tipica della nostra società che contrasta il merito e favorisce le clientele Nell’attesa che un rappresentante parlamentare abbia il coraggio e la lungimiranza necessaria di tentare fermare le politiche miopi condotte dai padroni del vapore, presentando la nostra proposta di legge e dare una soluzione strutturale al problema. I due titoli, all’apertura della Borsa non riuscivano ad accedere agli scambi, sono entrati in contrattazione e poi sospesi immediatamente al ribasso. Visti i fatti, non c’è bisogno di convinzione basta ragionare in termini di convenienza© 2014 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati