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In nome del popolo italiano – appunto - e non contro la legge, il Diritto, i Diritti Umani, la Costituzione.
Da Nuova del Sud, 2 febbraio 2014
Bolognetti agli avvocati di Autonomia Forense: “Amnistia per la Repubblica”
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani
Tocca far presente ad alcuni avvocati dell’Associazione Autonomia Forense, che un provvedimento di Amnistia è e resta l’unica strada da percorrere per rimettere in carreggiata la disastrata macchina della giustizia italiana. In particolare, all’avvocato Leonardo Pinto vorrei suggerire di leggere quanto di saggio ha affermato sulla questione il Presidente della Corte d’Appello di Napoli, Antonio Bonaiuto, il quale nel gennaio del 2012 ebbe a dichiarare: “il rimedio principale sarebbe un’amnistia per eliminare gli arretrati che sono un debito pubblico, un fardello che abbiamo. Naturalmente si lascerebbero fuori i reati più gravi, ma bisogna avere il coraggio di dirle queste cose…”
Per rispondere(ritornare) agli avvocati di “Autonomia Forense” dico: sì, un provvedimento di Amnistia e Indulto porrebbe istantaneamente fine ad oltre 30 anni di violazioni della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e del dettato costituzionale. Un provvedimento di Amnistia è oggi provvedimento riformatore, propedeutico e indispensabile alle altre necessarie riforme del pianeta giustizia.
Tra poco più di cento giorni, l’Italia dovrà sanare la ferita inferta allo Stato di diritto, così come pretende la Corte di Giustizia Europea che ci ha condannato per i trattamenti inumani e degradanti delle nostre patrie galere.
Il nostro è un Paese che ha smarrito, e da tempo, la strada maestra del rispetto dello stato di diritto. Agli avvocati di Autonomia forense gioverà ricordare che, il 2 dicembre 2010, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha fatto del nostro Paese un “osservato speciale” per i tempi eccessivi dell’amministrazione della giustizia e cioè per la patente, reiterata, prolungata violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Tra il 1959 e il 2011, l’Italia è stata condannata 1115 volte dalla Corte EDU per la non ragionevole durata dei processi. La piazza d’onore – si fa per dire – è toccata alla Turchia, che nello stesso periodo ha totalizzato 493 sentenze di condanna.
Occorre un provvedimento di Amnistia per uno Stato incapace di rispettare la sua propria legalità. Amnistia per la Repubblica!!!
Forse sfugge che questo stato di cose produce ogni anno un’Amnistia di fatto: la prescrizione di decine di migliaia di procedimenti.
Lo status quo produce giustizia di classe e denegata giustizia per vittime imputati.
Non si può essere legalitari a corrente alternata e non si può tacere di fronte alla strage di legalità in atto. La prima riforma necessaria è l’Amnistia, poi si dovrà discutere di depenalizzazione e decarcerizzazione, della Fini-Giovanardi e della Bossi-Fini e di leggi criminogene. Poi, si spera al più presto, occorrerà discutere di riforme quali l’abolizione della fasulla obbligatorietà dell’azione penale, di separazione delle carriere.
Occorrerà interrogarsi sul tradimento del voto referendario in materia di responsabilità civile: il referendum Tortora. Giustizia giusta, cari avvocati, e non di classe e non di parte e senza niet e diktat da parte di un organo dello Stato fattosi potere.
In nome del popolo italiano, appunto, e non contro la legge, il Diritto, i Diritti Umani, la Costituzione. Oggi, ora, subito va interrotta la flagranza di reato in atto. Il Presidente Napolitano lo ha compreso, spero vorranno comprenderlo anche gli amici di “Autonomia Forense”.
P.S.
Essere favorevoli a un provvedimento di amnistia significa essere a favore della certezza del diritto che oggi non c’è. Viene da sorridere, poi, di fronte al fatto che si tiri in ballo la certezza della pena, in un paese dove, dati alla mano, la maggior parte dei crimini nemmeno viene perseguita e dove lo status quo favorisce i forti vs i deboli e non dà nessuna garanzia se non le garanzie che può fornire l’arbitrio e la legge della giungla.
Approfondimenti
Vignetta Nuova del Sud, 4 febbraio 2014
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