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Intervista a Valerio Federico - Legalizzazione marijuana: I Radicali per “marijuana contro la crisi”
“Legalizzando le droghe leggere si stima che lo Stato potrebbe incassare almeno 8 miliardi di euro l’anno. Un paio di vecchie IMU sulla prima casa piuttosto che una trentina di nuovi ospedali”. Valerio Federico
Legalizzare il consumo di marijuana per opporsi alla logica proibizionista e risanare le casse dello Stato: 8 miliardi di euro l’anno in più se l’Italia dice no al proibizionismo.
Da qualche settimana, la questione relativa alla legalizzazione della marijuana è risalita agli onori della cronaca. Dopo le recenti regolamentazioni varate da Stati esteri come Colorado ed Uruguay, si è riacceso il dibattito italiano sulla necessità di attutire l’impronta iper-proibizionista dell’attuale normativa.
Nel Bel Paese, il consumo di marijuana è del tutto illegale. Lo ha ribadito la legge n. 49 del 2006 Fini – Giovanardi, modificando il Testo Unico delle leggi in materia di stupefacenti, D.p.r. n. 309 del 1990.
Lo scorso 7 gennaio, il Senatore Luigi Manconi, membro del Partito Democratico e Presidente della Commissione parlamentare per i diritti umani, ha presentato un disegno di legge concernente la legalizzazione della coltivazione e cessione della marijuana.
La normativa ruota intorno a tre argomenti principali: la legalizzazione dell’uso terapeutico di marijuana, la non punibilità della cessione di piccoli quantitativi di marijuana e il ripristino della distinzione legale tra droghe leggere e pesanti.
Gli esperti sostengono che l’iper-proibizionismo delle attuali leggi italiane sulla marijuana e sulla droga, abbia dato vita ad una serie di problemi non del tutto tollerabili. Diverse correnti di pensiero, ad esempio, ritengono che la legge Fini – Giovanardi (n. 49 del 2006) abbia generato l’attuale sovraffollamento delle carceri, condannando migliaia di adolescenti consumatori occasionali di marijuana a dei veri e propri calvari giudiziari.
Il Proibizionismo in Italia sulla marijuana e droghe. Secondo alcuni dati, in Italia ammonterebbero a 24 i miliardi di euro scaturenti dal mercato illegale di sostanze stupefacenti proibite. Si tratta di un giro d’affari in grado di coinvolgere oltre 3 milioni di consumatori abituali e circa 300 mila piccoli spacciatori.
Con l’intento di chiarire alcuni aspetti nevralgici inerenti alla legalizzazione della marijuana, abbiamo contattato Valerio Federico, Tesoriere dei Radicali Italiani, movimento politico liberale, liberista, libertario, costituente del Partito Radicale, da sempre impegnato nella lotta al proibizionismo.
Tesoriere Federico, qual è la Sua opinione in merito al Disegno Manconi? Secondo Lei, in Italia esiste un problema legato alla logica del proibizionismo della marijuana e droghe leggere?
“Più di un terzo degli italiani hanno provato in almeno un’occasione a consumare le cosiddette droghe leggere, sostanze che, come tante altre legali, possono essere dannose in caso d’abuso. Ebbene, le droghe leggere sono vietate, con danni enormi per le casse dello Stato e dunque per i contribuenti. Ritiene che abbia un senso? Bene l’iniziativa di Manconi che da tempo affianca noi Radicali, non solo su questi temi. L’Italia è tuttora un Paese proibizionista, la logica è quella di far prevalere impegni moralistici sui risultati, sia economici che quelli legati alla salute dei cittadini. Il proibizionismo sulle droghe pesanti è costato un numero imprecisato di morti per droghe “sporche” da mercato nero e qualche “finanziaria”, riempiendo le casse delle mafie, decine di miliardi di euro all’anno con conseguenti ulteriori costi in termini di sicurezza dei cittadini”.
In molti sostengono che la marijuana non sia equiparabile alle altre droghe. Da un lato, c’è chi pensa sia dotata di proprietà terapeutiche e, dall’altro lato, chi la considera al pari di un innocuo divertissement radical-chic. Sarebbe giusto legalizzare una droga leggera come la marijuana?
“Sarebbe opportuno legalizzare la marijuana e tutte le droghe leggere per ridurre le entrate alle criminalità comuni e organizzate, per spezzare il legame che solo il mercato nero pone in essere, e cioè quello tra droghe pesanti e leggere, per risparmiare quantità di denaro immense buttate per la guerra a sostanze meno pericolose di molte altre legali, per non riempire le galere di persone che non sono ne spacciatori ne criminali. Legalizzando le droghe leggere si stima che lo Stato potrebbe incassare almeno 8 miliardi di euro l’anno. Un paio di vecchie IMU sulla prima casa piuttosto che una trentina di nuovi ospedali. La cannabis ha proprietà mediche importanti, un aiuto per chi soffre di cancro, parkinson, sclerosi multipla o SLA, eppure la gran parte dei malati che potrebbero averne un beneficio in Italia non possono permettersi di acquistarla per l’alto costo”.
Potrebbe rendere edotti i nostri lettori in merito ai principi nevralgici ed agli obiettivi futuri del Partito Radicale italiano?
“Intanto va precisato che sono il Tesoriere di Radicali Italiani che è soggetto costituente del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito. La nostra azione complessiva ha l’obiettivo di ripristinare lo Stato di Diritto in Italia. Noi riteniamo, e ne abbiamo continue evidenze, che lo Stato – con le sue articolazioni – spesso non si sottopone alle leggi che esso stesso produce violando, dunque, lo Stato di Diritto. Nell’aprile del ‘93, grazie a un referendum Radicale, il 90,3% dei votanti abolì il finanziamento pubblico ai Partiti. Vent’anni dopo, il Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, afferma che tutte le disposizioni approvate dal Parlamento dopo il ‘93 – con l’accordo di tutti tranne che dei Radicali – grazie alle quali i Partiti si sono assicurati il finanziamento pubblico cambiandogli nome, ”sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario”. I Partiti, insomma, hanno manipolato la volontà popolare e la Corte Costituzionale ha lasciato fare. E poi, il Presidente della Repubblica, il Ministro della Giustizia e recentemente perfino la Corte Costituzionale, hanno confermato la piena illegalità nella quale si trovano le carceri italiane. L’Europa ci multa per l’infinita durata dei processi e per l’abuso della custodia cautelare. La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo condanna l’Italia 20 volte più della Germania e 100 volte più della Spagna. In Italia abbiamo 130 mila prescrizioni annuali che corrispondono potenzialmente ad altrettante ingiustizie. L’Amnistia appare l’unico strumento in grado di interrompere questi reati di Stato e aprire la strada a una riforma della Giustizia che resta sulla carta da decenni”.
Dal 2009 al 2011, ha condotto la rubrica mensile di Radio Radicale “Giù al Nord”, realizzando numerosi approfondimenti e interviste. Nel corso della sua carriera politica è assurto al rango di autore di diverse pubblicazioni d’impronta socio-economica. Nel biennio 2010/2011 collabora alla redazione dei volumi: “Caso Italia e capitalismo italiano” e di “Costituzione e crescita economica” (di Bertolini, Quaderni Radicali). Nel 2012, invece, scrive un interessantissimo articolo: “Le fondazioni bancarie – Perché è centrale separare la politica e i partiti dalle banche?”. Qual è la sua opinione in merito al sistema economico italiano?
“Il nostro sistema si fonda su un enorme conflitto d’interesse: lo Stato detta le regole, come è giusto che sia – salvo più volte non rispettarle -, e nello stesso tempo ha la proprietà di fatto e la gestione di banche e imprese, inquinando le dinamiche dei mercati a danno della concorrenza e quindi dell’imprenditoria virtuosa. Lo Stato, la politica, i partiti hanno la proprietà di imprese che operano in mercati concorrenziali, hanno la proprietà delle banche, tramite le fondazioni bancarie – e quindi influenzano la distribuzione del credito -, hanno la proprietà di Cassa Depositi e Prestiti che acquista imprese e infine affidano servizi, mascherandosi dietro al concetto di sussidiarietà, al privato amico. A questo si aggiunge lo strumento dei sussidi, di cui si fa largo uso in Italia – 50 miliardi all’anno -, per determinare la tenuta di imprese incapaci di reggere alla concorrenza.
Ci sono poi i conflitti d’interesse dei singoli, le bastino un paio di esempi, Gotti Tedeschi è stato per qualche anno, nello stesso tempo, ai vertici di Cassa Depositi e Prestiti e presidente dello IOR, l’Istituto per le Opere di Religione. L’ex uomo del Vaticano si è occupato dunque nello stesso tempo dei finanziamenti pubblici dello Stato Italiano e dei finanziamenti delle principali opere religiose per conto della Santa Sede.
I media ne hanno parlato? Giovanni Agnelli, capo della FIAT, è stato consigliere di Credito Italiano dal 46 al 94 e nel cda di mediobanca, la grande banca d’affari del Paese, dal 62 al 91”.
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