Politica
"Dunque, se hai senno, di un marmo che ti parla odi la voce"
font-family:"Verdana","sans-serif"">Di Maurizio Bolognetti, Direzione Radicali Italiani
“Napule è mille culure, Napule è mille paure”, cantava nel 1977 Pino Daniele.
I colori di Napoli, di una città straordinaria massacrata dalla malapolitica e che nonostante tutto conserva il suo fascino.
Ma se dici Napoli inevitabilmente pensi al Vesuvio e a una politica che, nella migliore delle ipotesi, si è comportata rispetto alla presenza di un vulcano e di un super vulcano(la caldera dei Campi Flegrei) come ebbe a comportarsi Ferdinando II di Borbone, il quale rispondeva a chi gli faceva notare che non era prudente dare impulso all’inurbamento dell’area vesuviana: “A fermà ‘a lava ce pensa San Gennaro”.
C’è una politica, o forse sarebbe meglio parlare di un regime – quello del sessantennio – che non ha saputo e voluto governare il territorio campano e ha consentito una cementificazione folle e selvaggia sotto le pendici di un vulcano attivo.
C’è chi non ha memoria, non sa, finge di non sapere o non vuole sapere.
Ci sono gli italiani brava gente e i napoletani brava gente, a cui è stata negata la possibilità di sapere che, poco meno di 4 secoli fa, un’eruzione sub-pliniana provocò migliaia di morti in presenza di scenari ben lontani da quelli di oggi e che, nel 1701, ci fu un’eruzione esplosiva di cui troviamo traccia e memoria in un’edicola votiva dedicata a San Gennaro e tutt’ora presente in quel di porta Capuana.
E sembra quasi che si sia persa memoria anche di un’eruzione effusiva che, nel 1855(Ferdinando di Borbone era ancora in vita), portò la lava a poco più di un km di distanza da San Giorgio a Cremano.
Ma c’è anche una politica, una storia altra, di chi suo malgrado è costretto a indossare i salveminiani panni del “profeta di sventure”, di chi da almeno 30 anni prova a prefigurare un futuro altro, a proporre soluzioni.
Penso a Marco Pannella, che da una vita chiede che si governi la realtà che incombe sulla città di Napoli, su un territorio dove si è materializzata una situazione nella quale si configura il reato di tentata strage.
Dici “Rischio Vesuvio” e pensi alle “prediche inutili” del prof. Aldo Loris Rossi, autore di uno straordinario documento nel quale si parla della necessità di una nuova alleanza con la natura e dove si propongo riflessioni sui limiti dello sviluppo e del peso che l’antropocene esercita su questo nostro pianeta.
E lo stesso prof. Loris Rossi che da tempo ci parla della necessità di rottamare l’edilizia post-bellica “senza qualità, interesse storico ed efficienza antisismica”.
Ecco, dici “Rischio Vesuvio” e pensi a chi in scienza e coscienza vorrebbe aprire una riflessione sulla cosiddetta “impronta ecologica”, che un’umanità in continua espansione sta lasciando su questa terra.
In questo nostro Stato, che sul fonte della tutela ambientale è uno “Stato canaglia”, così come lo è sul fronte dell’amministrazione della giustizia, non c’è una concreta applicazione di quell’art. 3-quater del Codice dell’Ambiente che recita: “Ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”.
E dov’è finito, verrebbe da chiedersi, quell’art. 301 dello stesso Codice dell’Ambiente, in cui si parla del principio di precauzione?
A Portici c’è una lapide posta all’indomani dell’eruzione del 1631:
“Ecco che scoppia e vomita di fuoco un fiume "Verdana","sans-serif"">
Che vien giù precipitando e sbarra la fuga a chi si attarda
Se ti coglie è finita: sei morto.
Disprezzato oppresse gli incauti e gli avidi
Cui la casa e le suppellettili furono più care che la vita.
Dunque, se hai senno, di un marmo che ti parla odi la voce
Non ti curar dei lari e senza indugi fuggi.” "Verdana","sans-serif"">
Ecco, questione di senno, di buon senso, di governo del territorio che non c’è stato, di dibattito e conoscenza negati; le mani sulla città, su un paese, sulle nostre vite, sul nostro futuro. E leggi solennemente enunciate e quotidianamente violentate.
Il “Rischio Vesuvio” è certamente un capitolo de “La peste italiana”, emblema di un contesto che stritola e soffoca questo nostro paese, negando diritto, diritti, legalità, democrazia, conoscenza.
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#Sbanchiamoli - Fuori i Partiti dalle Banche: la nuova campagna di Radicali italiani
“#Sbanchiamoli – Fuori i partiti dalle banche. Credito a chi merita”: sono le parole d’ordine per il lancio della nuova campagna politica di Radicali Italiani, avvenuto giovedì 27 febbraio in conferenza stampa presso la sede dei Radicali a Roma.
Basta dunque all’influenza che i Partiti, attraverso le Fondazioni bancarie, hanno sul governo delle Banche, e quindi sulla distribuzione del credito a cittadini e imprese. Radicali Italiani propone la netta separazione tra le Fondazioni, guidate dai Partiti, e le Banche. Questa richiesta con la relativa proposta di legge è presente in una petizione parlamentare che il Tesoriere di Radicali Italiani Valerio Federico ha inviato ai Presidenti e ai capigruppo di Camera e Senato.
Approfondisci sulla campagna e firma la petizione»
«Sono in molti a invocare simili provvedimenti. Proprio ieri il Garante per le micro, piccole e medie imprese ha reso noti i dati sul disastroso andamento del 2013, che ha visto oltre 10.000 piccole e medie imprese fallire a causa del difficile accesso al credito, dato senza precedenti» ha dichiarato Alessandro Massari, membro della Direzione di Radicali Italiani.
La riforma dell’assetto proprietario del sistema bancario proposta da Radicali Italiani se applicata nel Paese ridurrebbe le ingerenze dei Partiti sulla destinazione del credito, rimuoverebbe gli ostacoli posti dalle Fondazioni all’afflusso di nuovi capitali e avrebbe l’ulteriore effetto di accrescere le risorse delle Fondazioni da impiegare per sostenere le comunità locali.
La situazione attuale viola le leggi in vigore, dove queste prevedono la diversificazione degli investimenti per le Fondazioni e la perdita dell’azionariato di controllo delle Banche.
La Segretaria Rita Bernardini, ha evidenziato come «qualsiasi lotta politica in Italia debba misurarsi con la totale mancanza di democrazia soprattutto dei mezzi d’informazione» e ha ricordato come «la campagna referendaria del 2000 “liberale liberista e libertaria” dovette scontrarsi non solo con la feroce censura dei media ma anche con la mannaia della Corte Costituzionale, che non ammise al voto popolare tutti i referendum economici che avrebbero potuto assicurare all’Italia, già 14 anni fa, quel rilancio economico che oggi i cosiddetti rottamatori ricercano disperatamente».
“Sbanchiamoli” pone un interrogativo al neo premier Matteo Renzi, alla guida del partito con il maggior numero di nominati nelle Fondazioni, che non ammette silenzio. «Renzi, invece di rottamare esperienze e competenze, rottami quelle vecchie politiche partitocratiche che permettono ancora ai Partiti in Italia di controllare le Banche e la destinazione del credito» ha così concluso il suo intervento il Tesoriere di Radicali Italiani, Valerio Federico.